sabato 28 aprile 2012

Scusi, ma com’era questa cosa del limite?

Nella strada che percorro tutte le mattine è tutto un divieto. In un tratto il limite di velocità è 70, in un altro 50, in un altro ancora 30 (gli venisse la diarrea spasmica a chi l’ha messo e anche a chi l’ha pensato), poi ancora 70, poi ancora 50 e così via. E naturalmente c’è il furgoncino delle immondizie che si ferma ogni 2x3, la corriera che fa fermate ad ogni albero, come i cani, poi l’ape car, l’ape cross, il gruppo immancabile di pirloni in bici da corsa e magari anche il vecchietto con il girello. Quindi non proprio un correre spensierati con il vento tra i capelli, ecco.
Ora, considerato l’orario infame, cioè le 8 di mattina, dopo che hai pensato a cosa metterti, che hai combattuto (e perso) una battaglia di 20 minuti buoni con le lenti a contatto, abbinato le scarpe (entrambe, dico) a tutto il resto, sceso di corsa 3 piani di scale, ripassato velocemente le parolacce conosciute perché il vicino ti ha lasciato 1 cm scarso per uscire dal cancello, che hai risalito di corsa 3 piani di scale (le chiavi!), che sei scesa nuovamente (altra strofinata sul cancello dove ti sporchi anche i vestiti e ripassi nuovamente le parolacce, inventandone stavolta anche qualcuna di nuova), quando sali finalmente in macchina e ti metti in strada, qualcuno ti può anche chiedere di guardare i segnali stradali? No. Certo che no. Tanto più che essendo i limiti così numerosi, alla fine uno li prende come una raccomandazione generica: un vai piano, sii prudente, toh. Non credo venga proprio richiesto il rispetto preciso del limite. E applico questa mia filosofia coadiuvata dagli automobilisti che vengono in senso contrario: alcuni li conosco, mi fanno i fari per salutarmi, ma altri non li conosco e mi sfanalano lo stesso per avvisare di eventuali poliziotti/carabinieri/vigili urbani/lavoro in corso vari. E così se incontro qualcuno che mi sfanala, io rallento. E poi faccio ciao ciao con la mano, che non si sa mai sia uno che conosco. E così è tutto uno sfanalare, un rallentare e un fare ciao. C’è gente che si stressa con molto meno, ma almeno evito le multe.
Stamattina però, la strada era deserta, si vede che erano tutti in week end lungo: c’ero solo io, e anche contando le borse sotto gli occhi per il sonno, si arriva a 3 anime. Aggiungiamoci pure le balle piene, arriviamo al massimo a 5. Ma nonostante ciò, chi lavora intrepido e ligio al dovere? La polizia, che mi si staglia davanti su un lungo tratto di rettilineo. Immediato, il panico: il limite sarà 70 o 50? Sarà mica 30?! Nell’incertezza, mi tengo sotto i 40, quasi mi si spegne il motore.
Ovviamente scatta la paletta. E vorrei vedere, ci sono solo io.
“Ma come mai va così piano?” – chiede il solerte e non stupido poliziotto.
Capisco che non c’è il limite dei 30 e mi rilasso. “Mah… mi godo questa bella giornata di sole.” Sorrido alzando le spalle. Lo sguardo che si scambia con il collega mi fa sospettare di non aver dato la risposta giusta.
“Se ne va a spasso di mattina presto?” mi chiede ironico.
“No, le pare… sto andando al lavoro.”
“Sentiamo, e a che ora comincia per prendersela così comoda?” indaga.
“9 – 9 e mezza” azzardo. Ecchecaspita, non è che mi puoi anche chiedere di fare i conti lì, su due piedi, di quanto tempo impiega una povera crista ad arrivare al lavoro andando a 38 km l’ora e di inventare anche un orario di entrata credibile. Che poi non sono mai stata brava in matematica.
“Dunque, ricapitolando – polemico d’un poliziotto! – lei stamattina ha visto questo bel sole – e si gira verso il collega per averne l’approvazione – si è alzata presto e ha detto, ma che bello, adesso mi faccio una bella trottata di 25 km ai 30 all’ora, mi godo un po’ la vista delle fabbriche, mi respiro un po’ di smog – e fa pure il gesto di respirare a fondo – poi con calma, senza fretta, me ne vado al lavoro. Giusto? Signorina, ma chi crede di prendere in giro? Crede che siamo fessi?”
Certo che no, ma non mi sembra il caso di spiegargli la mia filosofia sui segnali e nemmeno di confessare di avere un’idea piuttosto generica di quale possa essere il limite di velocità su quel tratto, quindi azzardo un “Be’, se non ho commesso nessuna infrazione, posso andare? Sa, non vorrei mai fare tardi…” A momenti gli parte un embolo.
“Favorisca patente e libretto, per cortesia.”, sibila.
E io favorisco. E poi è la volta del controllo delle gomme. E poi dei fanali. Poi tocca al bagagliaio, poi di nuovo al libretto e poi ancora alla patente. Niente, alla fine è costretto a lasciarmi andare.
“Vada, vada pure, ma non intralci il traffico andando così piano. Ha capito??”
Sì che ho capito e glielo dimostro ripartendo con una sgommata. Sullo specchietto lo vedo in una nuvola di polvere che mi urla qualcosa: così a occhio e croce penso mi abbia detto, “Buon lavoro e sii prudente”. E poi dicono che la polizia non è gentile…

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