lunedì 9 aprile 2012

Prego si accomodi

Non mi sembra nemmeno vero. Ancora non ci credo. Undici mesi spesi ad inviare curriculum che nessuno ha letto mai, a chiamare persone che non volevano essere chiamate, a rispondere ad annunci di qualsiasi tipo e poi, quando ormai cominci a rassegnarti al fatto che niente potrà mai cambiare e anche l’idea di candidarti come fresatore meccanico non ti fa più così schifo (anche se la tuta un po’ ti mortifica), ecco che arriva l’imprevedibile. Finalmente l’opportunità di un colloquio, l’unico in quasi un anno. Dove ti presenti comprensibilmente un filino agitata. Anzi, molto agitata. Diciamo pure una pazza isterica.
E se la discussione sulla parte tecnica va così così (e vorrei vedere voi con il cuore a mille e il cervello in pappa), il colloquio con il direttore del personale la compensa ampiamente.
“Un’esperienza invidiabile la sua - commenta serio con il tuo c.v. in mano – denota molta versatilità.”
Ma siccome sei scema, quando ti chiede quale sarebbe il tuo lavoro ideale rispondi che ti piacerebbe scrivere soap opera oppure tenere una rubrica del cuore (per la quale avresti già un titolo, tra l’altro), al chè lui si piega in due dal ridere convinto che tu stia scherzando: solo più avanti scoprirà che non è così. Ma è talmente spiazzato e incuriosito dalla cosa, che ti chiede di fargli un esempio lì per lì e per fortuna che la fantasia non ti ha abbandonato come quella poco seria della tua lucidità e ti inventi una storia dove lui è ovviamente il protagonista assoluto, bello bellissimo, potente ma osteggiato, che incontra un’orfana brava e bisognosa di aiuto che assomiglia stranamente a te (ma pensa la coincidenza alle volte) e trovi il modo di inserire tra i personaggi anche quella signorina con il tailleur costoso come uno scooter che ti ha fatto accomodare. Tanto l’hai visto che l’ha sbirciata da sotto gli occhiali. Lui ride, tu ridi, poi si torna seri e ti dice che purtroppo non hai l’esperienza di cui hanno bisogno. Che son tempi duri, non c’è tempo per la formazione: hanno bisogno di persone esperte. Però sembra dispiaciuto, ti accompagna giù e all’ultimo ti offre un caffè. Dove spari altre cazzate, perché quello sai fare.
“Le faremo sapere mercoledì”, è l’ovvia conclusione. E tu cominci ad aspettare. Aspetti. E aspetti. E aspetti ancora. Le ore sembrano non passare mai e scatti a molla ad ogni squillo.
Alla fine arriva la telefonata tanto attesa, un ultimo colloquio con un capo (dove, tanto per cambiare sei ancora talmente agitata da non capire nemmeno che capo sia) e finalmente le magiche parole: “Bene, quando può cominciare?” Ma quelle parole sì che le capisci, eccome. Butteresti le braccia al collo a entrambi, al direttore del personale e a quell’altro, se solo sapessi chi è, ma pensi che forse, e dico forse, potrebbe sembrare magari poco professionale e allora ti trattieni. Come se dopo la storia delle soap opera avessi ancora qualcosa da perdere.
Prima di andare però hai un’ultima curiosità: “Scusi, tanto per sapere, ma se volevate una persona con un’esperienza specifica, perché alla fine avete scelto me?”
“Perché chi ha un’immaginazione senza paletti, come la sua, riesce ad avere una visione diversa dei problemi e quindi delle soluzioni. La tecnica si può sempre migliorare.”
Ciumbia! E io che mi pensavo una persona concretissima e terra terra.
Vediamo se la penserà ancora così quando non riuscirò a trovare la bacchetta magica che mi faccia imparare l’ostico mondo della prima nota.

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