Non è vero che ce l’ho
con i medici di base. Oddio, magari sì, ma solo un pochino. Voglio dire, li
manderei un po’ in miniera, giusto un paio d’anni, facciamo 3, via, ma non è
che gli voglio male.
E’ che mi stanno sul
fegato. Perché non è possibile, sottolineo NON E’ POSSIBILE che se uno ha
bisogno loro non siano mai e dico mai disponibili. Mi va bene che ricevano per
appuntamento (!), va bene che per andarci ti devi prendere un giorno di ferie,
va bene che non ti visitino mai manco avessi l’ebola, ma che se ti senti poco
bene alle 3.00 del pomeriggio non ti risponda nessuno me le fa altamente girare
a giostra.
Succede che mia mamma
stia male (tanto per non perdere le vecchie abitudini), ma di un male vero,
rabbioso, di quelli che ti fanno chiedere pietà. Ti attacchi allora al telefono
del tuo medico cercando aiuto e comprensione e lui naturalmente non ti
risponde. Chiami allora il 118, dove una cortesissima signorina ti ricorda che
la Guardia Medica è disponibile solo dalle 20.00 in poi. Prima di quell’ora può
solo mandarti un’ambulanza.
“Otto ore di pronto
soccorso prima che qualcuno le dia due pastiglie e la rimandi a casa?” mi
permetto di chiedere, conoscendo già la trama di un film visto fin troppe volte
in questi ultimi mesi.
“Si deve rivolgere al
medico di base.”, è la sua fredda risposta. Obietti che ci hai già provato e
riprovato, ma senza risultato.
“Ma il medico di base
DEVE essere disponibile – sentenzia – lo richiami e faccia la voce grossa.”
Ed è quello che
faccio: faccio la voce grossa con il beep del fax che si inserisce nella linea
telefonica dell’ambulatorio, alzo la voce con la signorina che mi informa che
l’utente non è in quel momento raggiungibile e già che ci sono faccio
l’arrogante anche con il telefono di casa sua che suona a vuoto. Quando arrivo
davanti alla sua abitazione e vedo il cane mi impietosisco invece un po’ e non
ho il coraggio di alzar la voce; me la prendo invece con il campanello che a
momenti tiro giù dalla parete. Del dottore nemmeno l’ombra. E mia mamma si
contorce dai dolori.
Passo in farmacia e
spiego il problema. “Mi spiace ma non posso aiutarti, è complicato…”
No che non è
complicato: tu vendi le medicine e io le compro. Andare su Marte è complicato,
arrivare a fine mese è complicato, fare il tuo lavoro dovrebbe essere la cosa
più naturale del mondo. Ma farei prima ad andare su Marte.
Alla fine, alle 19.30,
riesco finalmente a parlare con il dottore, che chiama la farmacista che mi dà
le medicine. Il tutto si risolve con una telefonata tra i due e una ricetta
inviata via fax. Costata a mia mamma un pomeriggio di dolori atroci. Evitabile,
evitabilissimo, se il medico avesse risposto a quel caspita di telefono.
No, non ce l’ho con i medici di base. Solo li
impalerei con l’ombrellone, ma così, per scherzo. E tanto per rendere il gioco
più divertente vorrei che i dottori venissero pagati in base alle visite che
fanno e non al numero di pazienti che hanno: hai visto mai che non ritrovino la
giusta motivazione professionale. O che cambino mestiere quelli che proprio non
ci son portati: per me va bene uguale.
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