Io non so se Barack Obama sia il miglior
presidente possibile. Non so nemmeno fino a che punto in un momento come questo,
di crisi e compromessi, l’elezione di un presidente, per quanto importante,
possa ancora fare la differenza. Però… ciumbia che uomo!
A parte che è un tocco di figo che quanto a
eleganza ha da insegnare a tutti noi, a parte che ha un fascino che io con lui 2
capriole sulla Stars and Stripes me le farei eccome e poi chi ci pensa più, ma
voglio dire: come parla quell’uomo lì? Avete mai ascoltato i suoi discorsi? Io
sì, in lingua originale of course. Perché sennò ti perdi
tutto il brivido.
Mio papà dice sempre che la maggior parte
delle persone conosce solo 300 parole; ma che chi ne conosce 320 comanda il
mondo. Mai cosa fu più vera con Obama. Perché lui è un oratore nato, uno che con
le sue parole ti porta via; ti butta lì nomi come Franklin Delano Roosevelt,
Abramo Lincoln, (era dalle medie che non
sentivo questo nome), ti cita insieme Martin Luther King, Richard
Wright, James Baldwin e Eisenhower: è uno che fa discorsi ispirati e ispiratori, che ti fanno sentire migliore. Se
di mestiere non facesse il Presidente, sarebbe sicuramente un predicatore, un
trascinatore di folle, un fondatore di sette. Per non dire di come ti venderebbe
i set di pentole.
Noi partiamo deboli, va detto, perchè se sei
abituato a politici che ti parlano del Pulcino Pio o del Pupazzo Gnappo, poi per
forza che il primo che se ne esce con un nome un po’ diverso già ti mette in
soggezione. Non vedi l’ora di fare un figlio per chiamarlo come lui.
E poi è una vittoria non scontata, che arriva
alla fine di una campagna elettorale più adrenalinica di un inseguimento di
James Bond.
Non che abbia mai ritenuto Mitt Romney un
degno avversario, sia chiaro. Con quelle camicie da ragioniere, quell’aria da
fanatico del barbecue domenicale, non lo so, non m’ha mai convinto. Troppo
barzotto, solo la sua arroganza era presidenziale. E poi son sicura che di
preciso preciso non sappia nemmeno dove stia l’Italia. O la Spagna. O la Libia.
Ma non era lui l’avversario che Obama ha dovuto affrontare, non lo è mai stato.
L’unico vero avversario di Obama è sempre
stato sé stesso. Anzi, il sé stesso di 4 anni fa: quando era ancora più bello,
più giovane, più nuovo: quando ancora ti raccontava le favole e ci potevi
credere. Perché, diciamolo, Obama è uno che ti regala il sogno, ti porta nella
fiaba. Il problema semmai è che questa favola non finisce esattamente con “e
vissero felici e contenti”. E di felici e contenti, fra disoccupati e disperati,
ce ne sono davvero pochi. E a un Presidente tutto puoi perdonare - guerre finite
male, bugie e maneggiamenti vari – ma non puoi passar sopra al fatto che dopo
averti promesso il mare la luna e le stelle ti dice non ha fatto in tempo. Che
ha bisogno di altri 4 anni. Come se Babbo Natale ti dicesse di aspettarlo il 6
gennaio.
Ma ha vinto, e questo è l’importante. E se
l’ha fatto, è stato grazie alla cattura di Bin Laden, a una storica riforma
sanitaria e a un discutibilissimo Nobel per la pace.
Chissà che entro 4 anni non arrivino anche il
sole la luna e le stelle.
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