giovedì 22 novembre 2012

Finchè morte non vi separi



Ieri ho partecipato ai festeggiamenti per un anniversario di nozze. Ma non un anniversario qualunque: 25 anni insieme. No dico, 25-anni-insieme, un quarto di secolo, fatto di un paio di storielle occasionali di lei, dei continui inciuci di lui, 2 mutui,  1 figlio e di quella rassegnazione profonda che rende superfluo anche salvare le apparenze. 

Per questo l’invito alla cerimonia mi ha colto di sorpresa: mai avrei pensato che gli sposini nascondessero un così profondo senso dell’umorismo.

Ma ieri, quando lei durante la messa cantava l’Alleluia con forza e vigore mi è apparsa evidente una cosa: era veramente contenta di essere lì, era davvero soddisfatta di quello che viveva come un traguardo raggiunto. Del tutto irrilevante il come. E la commozione era sincera.

Una storia banale, vista rivista e stravista, se non fosse per l’età degli sposi: 51 anni lui, 48 lei. Giovani, troppo giovani per pensarli rassegnati ad una vita di facciata, ad una quotidiana scelta tra il male e il peggio.

Tanto più che lei è una tosta, una che se si impegna può far piangere anche Polifemo, niente a che vedere con la nonna che stava a casa a far la calza. Semplicemente, inaspettatamente,  ha deciso che il matrimonio fosse la cosa più importante, un valore da salvaguardare e a cui sacrificare tutto il resto.

Giusto, sbagliato, non lo so. Non è fra i sogni di una vita, di sicuro non è così che mi immagino il mio 25mo anniversario di matrimonio. Però una cosa a questa coppia va riconosciuta: il coraggio di non mollare al primo colpo, di provare sempre senza arrendersi mai. 

E mi domando se, anche senza arrivare a tanto, dal loro esempio non ci sia qualcosina da imparare. 

(Oltre ad evitare le bomboniere glitterate a forma di rondine naturalmente).

 

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