In
un paese lontano lontano chiamato Iran viveva una volta uno Scià dal
nome
Reza
Pahlavi. Avrebbe potuto uccidere i genitori per averlo chiamato così, è vero, ma
poichè alla fin fine era un bravo ragazzo, preferiva uccidere i suoi oppositori.
Oppure li torturava. Ma non tanti, neanche 3.000, impossibile vederci della
cattiveria. Era più che altro una festa sfuggita di mano, ecco.
Reza
Pahlavi aveva una fissa: la
modernizzazione del paese. Anche la bella vita, spendere spandere e le
belle donne vabbè, ma chi può dargli torto. Sei Scià e ti prendi una cessa? E
chi ci crede… E poi lo dice anche il proverbio: Chi divide il bene e non se ne
tiene, neanche il diavolo gli vuol bene. Essù.
Che
poi lui era convinto che tutto il paese vivesse come lui: andava nei ristoranti
ed era tutto pieno, andava a Cortina e non c’era un buco libero… pensa un po’, è
dal ’78 che sentiamo questi discorsi.
Succede
allora che ti scoppia una rivoluzione che essendo tale – e perdipiù iraniana voglio dire – non era
propriamente a colpi di raccomandate e velate minacce di chiamare un avvocato.
Manco per niente, si andava giù di impiccagioni e decapitazioni in piazza. Ma
sereni, proprio.
In
questo bel clima da pic nic domenicale capita quindi che un centinaio di
sciamannati facciano irruzione nell’ambasciata americana e sequestrino 52
persone.
“Rivogliamo
lo Scià”, gridano.
Per
rimetterlo al loro posto? Macchè. Per ammazzarlo a martellate e seppellirlo in
giardino… per processarlo
civilmente con tutti i crismi. E poi ammazzarlo a martellate.
Intuendo
chissà come che l’aria era come dire, un po’ pesante, 6 funzionari americani
riescono a fuggire proprio un attimo prima dell’irruzione e trovano rifugio
nella casa dell’ambasciatore canadese.
Da
questo prequel che ho fatto durare quanto una quaresima (ma quanto simpatica
sono?), parte il film vero e proprio che può essere riassunto con 2 frasi di
Alan Arkin, (lui sì che ha il dono della sintesi):
“Avete
6 persone nascoste in una città dove in 4 milioni cantano morte all’America per
tutto il santo giorno. In una settimana volete un film, volete mentire a
Hollywood, la città dove si mente per vivere, poi far entrare lo 007 qui
presente in un paese che beve sangue della CIA per colazione e far poi uscire la
famiglia Brady dalla città più controllata del mondo. Tutto qui?”
Tutto
qui. Non male vero?
Non
male no e il film scorre via che è un piacere. Avvincente la trama, dialoghi
d’effetto, ironia a gogò, suspence a 1000 fino all’ultimo fotogramma, anche se
già conosci il lieto fine; aggiungici che è una storia vera – anche se romanzata
– e ti trovi un gioiellino come non se ne vedevano da anni.
Quindi,
se avete occasione, fatevi un regalo: andate a vederlo.
Poi
non dite che non ve l’ho detto. Ciao guys.
P.S.
Le dichiarazioni pubbliche durante la rivoluzione erano spesso lette da donne.
L’ambasciata americana è stata presa d’assalto anche da donne. Le manifestazioni
in piazza erano piene di donne che urlavano e chiedevano libertà. Visto com’è
andata a finire, mi sa che è ora di finirla con questa menata dell’intuito
femminile.
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