Aprendo un cassetto
m’è caduta la moleskine. Rossa, gualcita, vissuta. L’ho usata per anni, c’è
dentro una vita.
Appartiene ad un mondo
diverso, fatto di corse, riunioni e tassì. Un tempo in cui non annotare
all’istante un’idea poteva fare la differenza tra un cliente contento, una
paccata di soldi o un magnifico flop. O forse semplicemente un tempo in cui mi
venivano idee che valesse la pena annotare.
Non so quando sia
cominciato. Non ricordo un giorno preciso, un momento, un perchè.
Ma un minuto preciso
ci deve essere stato, solo che ero assonnata, occupata, perché non può essere
che apri un cassetto e ti accorgi di colpo di quanto poco sia rimasto di te.
Ma ti ritrovi con una
vita piena di cose da fare, problemi e persone, una vita che tu stesso hai
contribuito a creare. Ma che poco ricorda quello che eri, poco o nulla somiglia
a quello che pensavi saresti poi diventato.
Sogni, speranze,
gratificazioni, tutto mediato e piallato in nome di quello che è meglio, di un
mutuo e della stabilità. La crisi ci ha poi messo del suo.
Ne è valsa la pena?
Sì, penso di sì. Razionalmente sì. Mille volte sì.
Ma se agendo con il
cuore spesso si trovano i guai, con la ragione subentra sempre la noia. Quella
vera, che non puoi riempire con cose da fare.
Un lavoro decente,
emergenze domate, gli affetti di sempre. Ci si può lamentare? No. Chiaro che
no. Chiedere di più vorrebbe dire sfidare la vita.
E allora che fai?
Butti via la moleskine e ti vai a fare una corsa.
Sperando che possa
bastare.
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