domenica 17 marzo 2013

PAPA FRANCESCO



Sarà quel sorriso da monello che sembra averne appena combinata una, sarà quell’accento che fa un po’ Miguel Bosè… non lo so, ma a me piace. Francesco dico, il Papa. E non sono una che frequenta l’ambiente, va detto. Nemmeno a Natale e Pasqua per dire. Che di far l’ipocrita non mi va. 

E pensare che son cresciuta dalle suore, che ho frequentato la parrocchia, che son stata una Coccinella per anni e che il clero a me personalmente non m’ha mai fatto nulla: ma la fede è un dono. Utile tra l’altro, perché ti permette di accettare le mazzate della vita con uno spirito diverso, ma pur sempre un dono. Come gli occhi azzurri, il culo bello e la faccia angelica. E indovinate un po’? Io sono nata scura, come il peccato. E senza fede.

Ma sono alla ricerca, oh sì sì, o per meglio dire, sono più che altro in attesa. Perché vorrei averla la fede, perché sono fin troppo critica e cinica, perché sento che alla mia umanità manca qualcosa. Perché vorrei avere la capacità di credere e non stare sempre a soppesare quello che mi viene detto. Vorrei saper ascoltare parole di speranza e giustizia senza sentire il bisogno di controllare su Internet quante possibilità esistono che siano vere. 

E quindi cerco di farmi trovare pronta, nel caso dovesse succedere che il dono arrivi anche a me.  Come per la lotteria: non compro nessun biglietto, perché se deve essere culo, il biglietto vincente lo troverò per strada, mentre zampetto di qua e di là sui tacchi per dire. E sento che anche per la fede sarà così: una bella mattina, magari mentre sto decidendo se preparare i broccoli al vapore o massacrarmi di patapizza col ketchup, sarò folgorata. E tutto mi sembrerà diverso. E mentre nel primo caso cammino guardando a terra per vedere se trovo il biglietto, nel secondo caso sto attenta a cogliere i segnali.
Come l’elezione di Papa Francesco per esempio, che potrebbe essere capace di farmi fare pace con il clero. Di farmi dimenticare quella sensazione di malessere che mi assale leggendo di magheggi, carrierismo e anacronismi di tutti i tipi. Che non è di questo che abbiamo bisogno.

Che mi aspetto da lui? Che faccia il suo mestiere. Che parli di famiglia – magari di qualunque tipo di famiglia, ma qui siamo nella favola, lo so -, di speranza e di giustizia sociale. E quella sua frase, “Vorrei una Chiesa povera e per i poveri” mi fa ben sperare. Anche se un futuro prossimo con Lacoonte  e l’Amazzone Ferita all’asta su e-bay mi sembra poco probabile. 

Ma son tempi duri, bisogna accontentarsi. E già non aver sentito la parola “banca” mi strappa un sussulto di sorpresa.

E poi chissà. Se Francesco (quello santo) parlava agli uccelli, hai visto mai che questo Francesco non parli alle capre. Come me. Da parte mia un nuovo linguaggio lo imparerei volentieri.
Ciao guys.

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