Sarà quel sorriso da monello che sembra averne appena
combinata una, sarà quell’accento che fa un po’ Miguel Bosè… non lo so, ma a me
piace. Francesco dico, il Papa. E non sono una che frequenta l’ambiente, va
detto. Nemmeno a Natale e Pasqua per dire. Che di far l’ipocrita non mi va.
E pensare che son cresciuta dalle suore, che ho frequentato
la parrocchia, che son stata una Coccinella per anni e che il clero a me
personalmente non m’ha mai fatto nulla: ma la fede è un dono. Utile tra l’altro,
perché ti permette di accettare le mazzate della vita con uno spirito diverso,
ma pur sempre un dono. Come gli occhi azzurri, il culo bello e la faccia
angelica. E indovinate un po’? Io sono nata scura, come il peccato. E senza
fede.
Ma sono alla ricerca, oh sì sì, o per meglio dire, sono più
che altro in attesa. Perché vorrei averla la fede, perché sono fin troppo critica
e cinica, perché sento che alla mia umanità manca qualcosa. Perché vorrei avere
la capacità di credere e non stare
sempre a soppesare quello che mi viene detto. Vorrei saper ascoltare parole di
speranza e giustizia senza sentire il bisogno di controllare su Internet quante
possibilità esistono che siano vere.
E quindi cerco di farmi trovare pronta, nel caso dovesse
succedere che il dono arrivi anche a me. Come per la lotteria: non compro nessun
biglietto, perché se deve essere culo, il biglietto vincente lo troverò per
strada, mentre zampetto di qua e di là sui tacchi per dire. E sento che anche
per la fede sarà così: una bella mattina, magari mentre sto decidendo se preparare
i broccoli al vapore o massacrarmi di patapizza col ketchup, sarò folgorata. E tutto
mi sembrerà diverso. E mentre nel primo caso cammino guardando a terra per
vedere se trovo il biglietto, nel secondo caso sto attenta a cogliere i
segnali.
Come l’elezione di Papa Francesco per esempio, che potrebbe
essere capace di farmi fare pace con il clero. Di farmi dimenticare quella
sensazione di malessere che mi assale leggendo di magheggi, carrierismo e anacronismi
di tutti i tipi. Che non è di questo che abbiamo bisogno.
Che mi aspetto da lui? Che faccia il suo mestiere. Che parli
di famiglia – magari di qualunque tipo di famiglia, ma qui siamo nella favola,
lo so -, di speranza e di giustizia sociale. E quella sua frase, “Vorrei una Chiesa
povera e per i poveri” mi fa ben sperare. Anche se un futuro prossimo con
Lacoonte e l’Amazzone Ferita all’asta su
e-bay mi sembra poco probabile.
Ma son tempi duri, bisogna accontentarsi. E già non aver
sentito la parola “banca” mi strappa un sussulto di sorpresa.
E poi chissà. Se Francesco (quello santo) parlava agli
uccelli, hai visto mai che questo Francesco non parli alle capre. Come me. Da
parte mia un nuovo linguaggio lo imparerei volentieri.
Ciao guys.
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