Non è che io la mattina sia proprio da mangiare di
baci, lo ammetto. Anzi, direi che di prima mattina sono simpatica come un
controllo della finanza, socievole come Polifemo e che mi esprimo con una
lingua in cui le parole più lunghe sono bhof… mah… uhm… mmh… eeh…
Potendo, mi eviterei anch’io. Non potendo, ho imparato
a non darmi confidenza, almeno non prima di una certa ora. Ma non sono
aggressiva, anche perché non ne avrei la forza: sono semplicemente amorfa.
Basterebbe lasciarmi stare, far finta di non vedermi, ignorarmi.
Invece no. La gente se ne approfitta. Ti vede in
difficoltà, debole, poco reattiva, e cosa fa? Parla.
Parla di tutto, di qualsiasi cosa. Tu stai lì,
boccheggiante davanti alla macchinetta del caffè, e diventi inevitabilmente
vittima dell’esuberanza verbale altrui. E vieni aggredita dal racconto
dettagliatissimo dell’ultima operazione alla cistifellea, dolorosissima, ma mai
quanto la colica renale piombata a tradimento proprio durante i fanghi a
Montecatini con la sorella Santina, che fatalità proprio quell’anno era stata
operata all’alluce valgo.
Perchè la gente sente la necessità di parlare, di
blaterare, di dar aria alla bocca: quasi mai di comunicare. E scambia il
silenzio altrui per genuino interesse. Ma non è così. Non lo è mai.
Ma stamattina, stanca di sopportare la logorrea di
tutti, ho deciso di difendermi. Quando ho visto arrivare l’Oreste, noto
attaccapezze aziendale sulla filosofia zen e le soddisfazioni della vita da
camperista, son partita all’attacco. Neanche “a” gli ho fatto dire. Ho
cominciato a parlare del tempo, del ghiaccio,
dell’umidità, e di quanto vorrei starmene su una spiaggia ai Caraibi a
mangiar banane tutto il giorno. Poi ho continuato ricordandogli l’afa
dell’estate scorsa, eccezionale, ma sempre meno di quella del 2003 – Te la
ricordi Oreste, quell’estate terribile? – e avrei continuato ancora se non mi
avesse interrotto per dire:
“Ehhhh… ma che chiacchiera che c’hai… Qui al caffè abbisogna che si sta il tempo che serve, non tutta la
vita. Che c’ho del lavoro, io.”, e mi ha lasciata sola.
Capito
quanto sono furba? Felice come una giuggiola stavo prendendo il mio bicchiere
di caffè e andare in ufficio, quando la collega dell’accettazione mi fa:
“Anche da
me c’era tanto ghiaccio stamattina… ma te te la ricordi la gelata dell’’85?
Pensa che proprio quell’anno m’avevano operato di cataratta… me lo ricordo
perché il Paolo aveva appena finito le medie, mentre la Linda era ancora le
elementari…sì, mi aveva perso l’anno per via di una bronchite…”
E… ma
vaffan… però.
Qualcuno
di voi sa come si fa per essere riconosciuta come specie protetta? Quale?
Quella di quelli (come mi esprimo bene vero?) che vorrebbero farsi i fatti
propri. Perché sembrerà impossibile, ma ce ne sono ancora. Perché conoscere le
persone è bello, ma scoprirle a poco a poco, gustando i loro lati migliori è
ancora meglio.
Grazie a
chi mi vorrà aiutare.
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