domenica 29 luglio 2012

Come ti seduco sul bagnasciuga

Quest’anno il mio vicino di ombrellone è un signore sui 60, abbastanza alto, ben tenuto: un bel Garibaldi, come diceva mia nonna.
C’ha su uno slippino turchese che sembra fatto in un acetato lucido, un po’ perlato. Ogni 2x3 solleva un po’ la gamba, come i cani e dà come dire… una ravanata ai numeri della tombola.
“Ma quando la estraiamo questa cinquina così la facciamo finita?”, sbotta sottovoce il nostro amico Gianlu.
La Sere pensa invece che faccia così per la paura che con il caldo gli si attacchino sul fondo, un po’ come i fagioli nella pentola. Ma se il motivo è quello e vista la frequenza con cui li mescola, direi che da quel lato può star tranquillo.
Mentre me ne sto distesa per ore sul lettino, gambe e braccia ben distese (che se mi attacchi un cartellino al piede son bell’e pronta a far la comparsa per CSI, tanto per dar l’idea), mi arriva qualche sua mezza frase in dialetto ferrarese che poi traduce pure in italiano, tanto per fare l’educato:
Stasira am voria proprio na’ bela vigliacca (stasera mi servirebbe proprio una bella donna sexy).
“Non guardare me che ti mordo” – l’immediata la reazione della mia chiccosissima amica Sere (tacco 12 anche sulle pinne, tanto per dire la classe).
Oppure Dài ragazzi, che stasira andèn tutti in zir a fer i pataca (Dài ragazzi che stasera andiamo tutti in giro a divertirci facendo i pirla). E qui Gianlu scatta a molla sul lettino perché la sola idea di entrare con un siffatto personaggio in uno dei locali fashion, trendy & cool che è solito frequentare, gli fa venir la febbre alta e la tachicardia a 1000. Un altro po’ e tocca partire con il defibrillatore.
Ogni volta che si avvicina qualcuna, al bar o in un altro ombrellone vicino, il tipo prende coraggio con la solita ravanata e poi attacca bottone con un originale quanto raffinato approccio: “Ma te sei la Laura?”. E non tenta nemmeno di far finta di confondersi con una conoscenza precedente. Butta lì la frase e poi comincia a parlare come se niente fosse.
E’ dall’inizio della stagione che lo sento ripetere questa frase e non ci crederete, ma rimedia sempre qualche appuntamento, qualche invito a far serata e alla fine da solo non rimane mai. A rimanere al palo sono semmai quei fustacchioni oliatissimi che stanno in riva a scambiarsi le marche del doposole e i nomi degli integratori.
La spiegazione ci arriva da Gianlu:
“Perché alla fine non conta quanto sei bello: conta la faccia da culo che hai.”
Che gente zen che frequento però.

mercoledì 18 luglio 2012

Dài scendi che c'è il cine!

Chi di voi non ha mai provato nostalgia per qualcosa che gli ricorda l’infanzia e le lunghe sere d’estate? Per quella cosa che come per magia ti riporta indietro di mille anni a quando la tua vita era circoscritta in 100 metri quadri, fra la casa, il cortiletto e la piazzetta?
Per esempio a me quest’anno m’è tornata la fregola per il cinema all’aperto. Sì, per quelle serate con lo schermo che sformicola e si muove con il vento, con l’audio che va e viene, le sedie dure di plastica bianca, il bambino che pirola intorno e la mamma che gli dice: “Nico smettila di ruotare che poi ti gira la testa e cadi!”, “Nico smettila che poi finisci per terra e piangi”. E naturalmente Nico pirola e pirola finchè cade, ovvio, e prende una craniata che vede la Madonna e allora strilla strilla strilla proprio nella scena in cui il Lui cinematografico torna dal fronte e ritrova la sua bella sposata a forza con un altro, ma che gli dichiara per sempre il suo infinito amore… e proprio in quel momento la madre in sottofondo dice a Nico: “Ma te la sarai mica fatta addosso? Ancora…???? Vieni qua che ti annuso, fammi sentire se l’hai fatta. Eh, l’hai fatta sì, senti qua che roba! Scusate eh… ma sto tentando di fargli smettere il pannolone…”.
Ma quant’è bello il cinema all’aperto, ditemi.
Per questo quando vedo la locandina con la pubblicità non so resistere. In programmazione c’è “Scialla!”, dove un po’ si ride, un po’ ci si commuove, è perfetto.
La sera arrivo e prendo i posti perché voglio stare comoda, godermi lo spettacolo e rivivere le sensazioni della mia infanzia. Mi cospargo di Autan perché nemmeno il ronzio delle zanzare mi possa disturbare.
Lo stand gastronomico offre anguria e gelato. Avrei voglia di gelato, ma metti che mi si piazzi davanti qualcuno con il testolone e mi blocchi la visuale: se devo sputargli addosso qualcosa, l’anguria con i suoi semini vien comoda. Con il gelato che ci fai? Opto senza indugio per la prima.
Accanto a me 3 giovani 70enni: una c’ha su una giacchina di lamè nero, l’altra una stola di chiffon e la terza l’ombretto con il glitter. I casi sono 2: o han fatto tutto un dritto dal cenone di San Silvestro oppure son scappate via di corsa dal compleanno di Renato Zero. Vai a sapere.
“In quella casa lì ci stava la Lella. – attacca una delle “ragazze” - Adesso è morta, buonanima. Mi pare ancora di vederla mentre scende a prendere il pane dal Pino. Pensare che è morta. Ed è morto anche il Pino.”
Mio marito mi guarda perplesso, ma io son decisa a godermi il momento.
“Ieri sera ho mangiato la peperonata ma non l’ho mica digerita sapete. Ce l’ho ancora tutta qui, non mi va né su e né giù.”
A questo punto non so se ridere o piangere. Sento il bisogno di bere qualcosa di forte.
Ma poi chi se ne frega, penso, c’è Scialla! che mi aspetta. E poi c’ho già il mio daffare a prendermi a manate qua e là, chè è pieno di zanzare.
“Eh la sera bisognerebbe star leggeri – dice l’altra – perché la vita è così: un minuto sei qua che guardi il film e il minuto dopo non ci sei più…”
E vai con l’allegria. Mi chiedo se al baretto abbiano del Petrus, ma ormai non disdegnerei nemmeno l’Autan, purchè bevuto a garganella.
A Dio piacendo, alle 10 e mezza (alla faccia della gente che la mattina dopo si deve alzare per andare al lavoro), si abbassano le luci, si illumina lo schermo, lo spettacolo ha finalmente inizio. Ed è magia.
Com’era Scialla? Eh non lo so… ho sbagliato serata. Ma in compenso IL RE LEONE m’è piaciuto un sacco.
Ciao guys!

 

sabato 14 luglio 2012

Come te lo dico in 10 punti

Collega 2 è simpatica, non fosse che è nata con una tara mica da poco: c’ha la mania delle liste. Fa l’elenco delle cose da fare, di quelle che non farà mai, dei film da vedere, dei libri da leggere, di chi è bello e di chi è brutto. Di conseguenza, se voglio entrare nella sua lunghezza d’onda, mi devo adeguare. Oggi, per esempio ho fatto anch’io una lista: quella delle cose che non sopporto di lei.
  1. Ha il telefonino che squilla continuamente. Che andrebbe ancora bene se fosse in modalità vibrazione, ma con una risata horror per suoneria mi fa vibrare anche i polmoni, voglio dire.
  2. Guarda sempre i culi su Internet, piega la testa di lato e poi dice “A questa qui regalerei 10 chili per chiappa”.
  3. Mangia robe tipo i pandoro ripieni di profilterols, oppure prende la Nutella a manate perché “L’importante è comunque evitare i carboidrati a cena.”
  4. Nei fine settimana va a fare le arrampicate, ma non è capace. E poi il lunedì tocca prenderla a ciccicollo quando esce dall’ascensore ed accompagnarla sulla sedia, dove rimane piegata a Barbie per tutta la mattina. E tocca anche farle da badante.
  5. Non prende una multa neanche se corre in macchina sulla pista 4 dell’aereoporto di Tessera e a me invece con tutte quelle che ho preso potrei farci i coriandoli per riempire Times Square a Capodanno.
  6. Telefona a suo figlio anche 10 volte al giorno e gli dice “Andreaaaaa… se non ti pettini subito lo faccio io a suon di sberle quando torno…. HAI CAPITOOOO?????? Se stasera quando arrivo non hai finito la lettura delle vacanze ti mescolo le orecchie che non le ritrovi più, te lo dico. HAI CAPITOOOOO???? Perché la mamma ti vuole bene… HAI CAPITOOOOO???” Non so se Andrea capisce, ma di sicuro il cameriere del bar all’angolo non perde nemmeno una sillaba.
  7. Mi irrita perché un giorno arriva color radicchio per le troppe lampade, un altro arancione per l’abbronzatura senza sole, un altro ancora coperta di pagliuzze dorate come la Madonna di Biella e un altro ancora bianco cadavere come una geisha: 3 mesi che lavoro con lei e ancora non ho capito di che colore sia la sua carnagione.
  8. Ha una borsa “con il necessario” che pare quella di Mary Poppins: 3 paia di slip? “Metti che cambia il tempo…” Certo: ne fissi uno sopra un bastone e lo usi come indicatore del vento in caso di temporale. Una confezione da litro di olio satinante? “Metti ti rapisca qualcuno, vien comodo”. Come no. Una passata veloce e sguish sguish… scivoli via come un’anguilla felice.
Ma soprattutto la odio perché mi manda le mails con su scritto “Se vuoi far la spiritosa evita almeno di lasciare il file aperto quando vai in bagno. Deficiente!”

 

mercoledì 11 luglio 2012

Amore, mica cotiche

Io c’ho un’amore di nipote. Dico davvero. E’ bella, intelligente: l’amore di zia. Le voglio bene anche quando dormendo mi conficca le ginocchia sui reni. Anche quando confida a tutti che la voglio avvelenare con il polpettone. Lo fa per il troppo amore, lo so. Ha 10 anni, è in una fase difficile.
Ieri al mare mi ha confidato che a volte non riesce a dire veramente quello che pensa. Che ha difficoltà ad esprimere quello che sente. Vorrebbe dire delle cose a un ragazzino ma poi quando se lo trova davanti non sa più come fare. Penso subito alla prima cotta, decido che se questo imbecille non la amerà infinitamente e per sempre se la dovrà vedere con me. E poi chi sarà suo padre? C’avrà un lavoro fisso? E la suocera? Mica vorrà venire a comandare questo angelo vero? Eh no eh… siam mica più nel Medioevo. E già mi sento pronta a battagliare con mio fratello, geloso come Otello, perché permetta alla sua bimba di costruire romantici castelli di sabbia sulla spiaggia con questo sconosciuto. E mentre vedo già la coppia sull’altare, con lei che si gira per sussurrare un commosso “grazie” a questa zia che le ha permesso di coronare un siffatto grande amore, l’angelo mi interrompe per dire:
“… no è che questo qua, questo Riccardo, mi butta sempre per terra. Gli ho dato un calcio sugli stinchi, ma quello non la smette. Gli ho anche detto: se non la finisci di darmi spintoni ti smonto la bici e ti faccio trovare un pezzo nuovo ogni giorno. Così ci fai la raccolta, come con le figurine. Capito come?”
Frena frena… che è ‘st’aggressività? Che ne è stato del mio cucciolo affettuoso? Del mio tortellino mai stufo di baci?
“Non puoi far così – le spiego – non c’è bisogno di minacciare le persone: basta che tu dica a Riccardo che non ti deve più toccare. Devi imparare ad essere… diplomatica, ecco.”
“Cioè?” chiede il mostro, poco convinto.
“Essere diplomatici è quando dici una cosa però lo fai in maniera gentile, senza offendere nessuno. Spieghi le tue ragioni con calma, possibilmente con un sorriso. Magari con un piccolo regalo.”
Sembra pensarci su, poco convinta, poi riprende a tuffarsi come fa quando ha in mente qualcosa.
Oggi mi arriva tutta sorridente, le guance rosse e gli occhioni splendenti.
“Sai zia, ho fatto come m’hai detto te. Ho preparato un regalo per Riccardo.”
E mi mostra orgogliosa il disegno di una farfalla colorata a tinte sgargianti, con tanto di brillantini avanzati a Natale. Amooore di zia…. Già mi viene il magone per la commozione.
“E gli hai fatto anche la dedica… - continuo. Poi la leggo: “Se solo mi guardi ancora TI SPUTO.”
Cioè… dove abbiamo sbagliato con questo angelo?

giovedì 5 luglio 2012

SORPREESAAA!!!!

Qualcuno conosce qualcosa di più cretino di una festa a sorpresa? Io sì: quelli come me che ci vanno. E quando qualcuno ti dice “Tieniti libera, domenica facciamo la festa a sorpresa per Nico”, bisognerebbe immediatamente fermarlo e riportarlo suo malgrado alla realtà facendogli un discorso anche serio. Perché??? Perché siamo nel 3000 e le cose che ancora sorprendono al giorno d’oggi non hanno niente a che fare con candeline, sguardi spiritati e apparizioni impreviste. E siccome sei cinica e anche un tantinello stufa, smonti senza pietà l’idea della festa a sorpresa e con ferma determinazione spieghi che tu mai e poi mai sprecherai ancora un solo minuto della tua vita in siffatte infantili baggianate. Ecchecaspita. Siamo adulti no?
“Sì sì…poi mi spieghi” ti risponde comprensiva la Francy e intanto per una settimana parla tutta strana per non farsi capire da Nico: “Ricordati quella cosa là…. Non dimenticarti, è quel posto lì…” Ammicca, fa l’occhiolino. Manda messaggini criptati, tipo: “sii pntl… h10… X Day... top secret. Aumma aumma.” Provo a leggerli al contrario ma non funziona. Capovolgo anche il telefono: niente. “Hai capito vero?” – conclude nell’ultimo sms. Come no! Infatti sbaglio locale. Ma mi riprendo subito e per esclusione faccio un altro tentativo. Nel parcheggio avvisto subito 2 pirla che si aggirano furtivi tra le auto in sosta, camminando curvi per non farsi vedere. O sono 2 ladri di autoradio o sono nel posto giusto.
La Francy, che è una vera volpe, scrive: quando stiamo per arrivare mando un sms. Poi però il tempo passa e non si vede nessuno. Ma si beve, si socializza e ci si diverte anche. Circolano strani cocktails con ombrellini e cannucce, come all’asilo, ma la quantità di alcool è da laurea a pieni voti. A me tocca un pappagallino (ma che cariiino), e un tipo che è già al terzo giro mi vuol convincere che sia commestibile. “Ma mangiatelo te” – gli rispondo leggiadra, perché quando una ha classe, si vede subito. Lui lo fa e dopo due minuti solo un pugno nello sterno lo salva da morte certa.
Ma non c’è tempo per soccorrerlo come si deve, arriva un’auto ed è un fuggi fuggi generale in ogni direzione: più che cercare di nasconderci, sembriamo voler scampare a un cecchino impazzito. Ma niente di fatto, sono altre persone.
Quasi subito arriva un’altra macchina ma stavolta siamo più organizzati: ci appiattiamo contro i muri nel tentativo di mimetizzarci; una coppia entra ma esce subito, spaventata.
Intanto l’alcool continua a girare, la musica continua a suonare: Pereppeppè… pereppeppè… brigitte bardot bardot… Solo la Francy non si fa sentire.
Verso le 10 e mezza arriva un sms, ma è di Nico che dice: “SORPREEESA!!!! Io mi sto vedendo la partita… ciao pirloni!!!!”.
La delusione è cocente, ma dura solo un momento. In fin dei conti si tratta solo di cambiare location; in 10 minuti netti arriviamo a casa di Nico, quatti quatti, suoniamo il campanello e… SORPREEESAAAA!!! Momenti schiatta. Si deve appoggiare un momento al tavolo per riprendersi.
La Francy passerà il resto della serata a giustificarsi per la pantamutanda bianca di Nico e la maglietta della Nazionale. “Non è che sta sempre così in casa…” – spiega imbarazzata.
Può darsi, però le foto su FB quelle sì che rimarranno per sempre. Pereppeppepè…..

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lunedì 2 luglio 2012

Ma matto a chi?

Scendo dall’auto e comincio a camminare. Una signora anziana accanto a me accelera per quanto è possibile il passo; un ragazzo comincia a correre, sembra spaventato. Un operaio salta su un furgoncino e parte con la porta ancora aperta. Mi guardo intorno, incuriosita, e vedo solo gente che corre in tutte le direzioni, impaurita, mentre le voci si fanno via via più forti, e diventano sempre di più: “E’ scappato è scappato…!!!”
Improvvisamente, capisco: un uomo sta correndo, un infermiere corpulento in camice bianco lo rincorre, stravolto, e gli intima di fermarsi. Ma il fuggitivo continua a correre e a fermarsi non ci pensa nemmeno. L’infermiere continua anche lui, ma è chiaro non ce la fa più: ansima, si appoggia ad un’auto per riprendere fiato, il terrore negli occhi. Improvvisamente il fuggitivo si ferma e lo guarda sorridendo, come in un gesto di sfida, come a volergli ricordare che in qualsiasi momento lui può farcela, che in qualsiasi momento può rammentare al mondo di essere ancora un uomo. Resta lì, immobile, con quel suo sorriso strano, fino a quando l’infermiere lo raggiunge e con malagrazia lo blocca. Si vede che il paramedico è irritato, è evidente che è spaventato. Ma il matto continua a sorridere. Un attimo dopo giungono altri infermieri, i passanti smettono di scappare, l’ordine è ristabilito. I giornali locali racconteranno di questo malato di mente uscito per degli esami clinici che ha approfittato dell’occasione per scappare, in un ennesimo gesto di follia. Ne parleranno per giorni, qualche testimone racconterà dello scampato pericolo, di quello che sarebbe potuto succedere, millanterà forse di essere stato pronto ad intervenire, raccontando una storia ogni volta più grande. A me rimane un vago senso di nausea, come ogni volta che mi trovo di fronte a chi con questa vita, non ci sa far pace.
Nel mio primo appartamento, poco più che 20enne, aprendo lo sportello di un armadietto poco usato avevo fatto cadere una pila di disegni lasciati lì dalla proprietaria, che aveva prestato servizio in una clinica psichiatrica nell’ambito di un qualche progetto sociale. Sparse sul pavimento, improvvisamente mille vite avevano preso forma davanti a me. Differenti i colori, diverso lo stile, ma dopo un po’ l’impressione era che fosse sempre la stessa vita, che fosse solo la sua rappresentazione a cambiare.
I personaggi erano sempre gli stessi. Il padre, la madre, il bambino. La violenza. Spesso mi sono chiesta se con la pittura il magone che ci si porta dentro riesca ad uscire, come il colore dal tubetto e se alla fine, almeno un po’ di quel dolore non rimanga magari sul foglio.
Però chissà, magari la follia non è nemmeno sempre un vero dolore, ma una visione diversa della vita, dove né la solitudine, nè l’emarginazione, e nemmeno l’oblio sono prezzi troppo alti da pagare pur di non rinunciare al proprio essere.
E penso agli altri, a quelli che a questa vita si adattano alla grande e ne risultano vincitori, perdendo ogni giorno una parte di sé senza nemmeno accorgersene. E mi chiedo invece se non sia la normalità il prezzo troppo alto da pagare.