Caro
Ingegnere, mi dispiace che tua madre, la signora Ileana, sia mancata. Dico
davvero: era simpatica, dolce e sono sicura che come mi hai ripetuto ogni
giorno, abbia voluto bene a te, suo unico figlio, come nessuna madre in nessun
mondo esistente avrebbe potuto fare. Capisco che perdere la mamma a 50 anni sia
un dramma incommensurabile perché avresti ancora bisogno dei suoi consigli e
della sua costante guida, né ho difficoltà a comprendere che tu ti senta
smarrito, inconsolabile e abbandonato a te stesso in questa valle di lacrime.
Per non parlare dei passatelli in brodo che non potrai mai più mangiare perché
come te li faceva lei nessun altro al mondo potrà mai farli uguali.
Ammetto
anche di averti forse concesso troppa confidenza: non avrei dovuto tenerti la
mano mentre eri sconfortato e piangente, non avrei dovuto sussurrarti frasi di
incoraggiamento e men che meno stare ad ascoltarti annuendo comprensivamente
con la testa mentre mi raccontavi di quanto quell’arpia di tua moglie non
capisca la tua legittimissima e condivisibilissima passione per i videogiochi;
e forse avrei dovuto mostrarmi meno entusiasta nei confronti del tuo impegno
nel difendere la galassia e nel conquistare gli imperi e più solidale con tua
moglie che continuava invece ad interromperti per ricordarti di portar fuori
l’umido appena arrivato a casa.
Ho
sbagliato, lo so, ma mi sei parso triste e vulnerabile. E solo, immensamente
solo.
E devo dire
che niente in te mi ha mai ricordato che fossi un uomo e non semplicemente
una persona, e di sicuro se dovessi pensare a te che fai sesso mi
verrebbero subito in mente gli alieni e pianeti lontani. O al massimo ti vedrei
armeggiare tra api e fiori, ecco. Mi ha rassicurato il tuo essere costantemente
sopra le righe, il tuo essere ingegnere anche nella vita. Avevo appurato che
non fossi un ingegnere aereonautico, perché si sa, quelli sono di tutt’altra
pasta e son convinti che una conformazione, per essere veramente aerodinamica,
non possa avere una taglia inferiore alla terza di reggiseno. Ma mi hai detto
di essere un ingegnere civile, che costruivi strade e ponti. E io mi sono
sentita rassicurata.
Per questo,
quando ieri mattina sono venuta al funerale di tua mamma e ti ho abbracciato
battendoti una mano sulla spalla non ho capito come ti sia venuto in mente di
ricambiare battendomi la mano sul culo. Cosa pensavi, di accarezzarmi la testa?
E ti è
andata ancora bene che mi hai colto di sorpresa, perché in qualsiasi altro momento
quello che era il funerale-della-tua-amata-mamma sarebbe stato ricordato come
quella-volta-che-ho-preso-una-saccagnata-che-ancora-mi-fanno-male-i-denti. E
invece ti ha detto bene, perché quando ho visto tua moglie che ci guardava ho
preferito allontanarmi velocemente prima che il “Che carina che sei stata a
venire, grazie per essere stata vicina a mio marito in queste settimane” si
trasformasse in un “Ti cavo gli occhi, stronza!”.
E quindi,
caro Ingegnere… mavaffanchiulo te, i tuoi mostri e anche Star Trek. Sono sicura
che lo scriverebbe anche la signora Ileana, se avesse un blog.
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