mercoledì 7 marzo 2012

Si fa presto a dire mi vendico


Che il pronto soccorso non funzionasse esattamente come su E.R. già l’avevo capito, ma tanto per non farmi trovare impreparata ho indossato lo stesso il maglioncino di quel grigio scuro che mi fa gli occhi di velluto e il fisico da fata. Sia mai che all’improvviso mi arriva il dottor Ross con lo stetoscopio a forma di cuore e mi promette un leccalecca se mi lascio visitare. O anche solo mi chieda di farmi visitare. O anche solo mi dica ciao. Però lo stetoscopio lo deve avere, quello sì. Ecchecaspita.
Inutile dire che il dott. Ross non s’è nemmeno fatto vedere, si vede che aveva da fare, e poi è farfallone, si sa, ed ho trascorso quindi 6 simpatiche ore in compagnia di un baldo infermiere mollato di fresco che ha continuato a parlare non tanto della sua ex quanto del nuovo fidanzato di lei, colpevole, ai suoi occhi, di avergli rubato l’innocente fanciulla altrimenti innamoratissima. E poi dicono che sono le donne a raccontarsi balle. Spalleggiato da un collega, ha elaborato per tutto il tempo sottili strategie di vendetta, che consistevano nel: vado sotto casa sua e gliene dico quattro, lo aspetto fuori dal lavoro e gliene dico quattro, lo aspetto fuori dalla palestra e gliene dico quattro. Se prova a reagire lo butto giù dalle scale. Praticamente un piano elaboratissimo che non mancherà di portare i suoi frutti: un cazzotto se va bene, una denuncia se va male. In ogni caso il tentativo di riconquistare la fanciulla farà gnao. Senza contare che nel frattempo, al solo pensiero di menar le mani, il livello di collera dell’infermiere ha raggiunto livelli preoccupanti.
E allora ho capito una cosa: la vendetta è femmina. Gli uomini sono dilettanti, fanfaroni, troppo irruenti per ideare una rivincita come si deve, perché una vera vendetta esige il pieno rispetto di alcune regole ed ideazione ed elaborazione sono le basi da cui partire. Rigorosamente in compagnia.
Innanzi tutto, per colpire dove fa più male occorre individuare quello che è più caro all’infame, cosa che di solito coincide con la sua macchina o con qualcosa di tecnologico; di sicuro qualcosa di materiale.
Bisogna poi determinare con precisione il suo punto debole, meglio se più di uno, puntando, se possibile, allo sputtanamento e alla ridicolizzazione finale del soggetto stesso davanti ad amici e colleghi.
Soprattutto, la vendetta non deve essere istintiva. Deve essere concepita con cura, non lasciata all’ispirazione del momento. Deve occupare intere domeniche e lunghe serate, perché solo così raggiungerà lo scopo. Che non è tanto quello di punire il soggetto, non solo almeno, ma è soprattutto quello di far passare il brutto momento a chi ha subito un torto, possibilmente evitandogli di mettere la testa nel forno o di cercare conforto in un suicidio glicemico con la sacher torte.
E ovviamente il piano sarà pronto ed attuabile esclusivamente quando la cosiddetta vittima si renderà conto da sola di non aver più bisogno di farla pagare a nessuno, perché non ne vale la pena, perché nel frattempo avrà trovato altri stimoli o semplicemente perché il momento peggiore sarà passato.
E capirà che il valore di un buon piano strategico è tutto lì: nell’occupare le ore senza farsi del male in attesa che passi la burrasca, qualcosa cui attaccarsi per non farsi trascinare dalle onde.
E adesso venitemi a dire che la miglior vendetta è il perdono.
Nel frattempo io rifletto un momento sul come farla pagare all’infermiere che durante il trasporto in ambulanza è riuscito a perdere i documenti di mia madre facendomi stare altre 4 ore in ospedale. Qualcuno sa di che tipo sia la sua macchina..? E dove la parcheggia di solito..?

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