“Quando
lavoravi dicevi sempre di non avere mai tempo; adesso che sei a casa la tua
risposta è la stessa.” L’accusa è chiara, pesante e se mi viene rivolta da una
persona che stimo, vale la pena rifletterci un momento.
In effetti la
scusa più abusata, più banale, quella che ti viene in mente senza nemmeno
bisogno di pensarci e che si adatta a tutte le occasioni, è proprio questa: non
ho tempo. Anche ho mal di testa, ma quella si presta già ad altre
considerazioni.
Non vuoi
fermarti a parlare con il compagno di università che ti saccagna il buonumore
con i litigi con la morosa? Scusa ma son di corsa, non ho tempo. Non vuoi fare
il lavoro che la collega tenta di rifilarti? Mi dispiaaaace, ma sono
presisssssima, non ne ho proprio il tempo. E così via. Alzi la mano chi, almeno
una volta al giorno, non ricorre a questa bugia. Magari anche in
buonafede.
In realtà di
tempo ne abbiamo. Tutti, senza eccezione, solo che lo riserviamo alle cose che
vogliamo fare. Che probabilmente non sono nemmeno le più importanti, ma
semplicemente quelle che ci gratificano di più o che ci stressano di meno.
Pensiamo solo
alle ore che trascorriamo sui blog, su FaceBook, o a navigare su Internet. Per
non parlare di quante volte al giorno controlliamo la casella di posta. Perfino
io, fino a poco tempo fa assolutamente refrattaria alla tecnologia e
profondamente allergica ai social network, mi ritrovo a lasciare il pc acceso
sempre: magari nel frattempo faccio altro, ma quando sono a casa non manco mai
di controllare i messaggi ogni 20 minuti. A fine giornata è un sacco di tempo. A
fine mese è una quantità incredibile. A fine anno è una montagna.
Ma quando la
mia amica mi ha fatto notare la cosa, sono caduta dalle nuvole. La mia prima
reazione è stata
ma-come-ti-viene-in-mente-proprio-io-che-non-ho-nemmeno-il-tempo-di-dire-amen-e-tu-lo-sai.
Poi però, passata la sorpresa, mi son fatta un serio esame di coscienza e
ripensando a quello che avevo fatto nell’arco della giornata che non fosse
strettamente legato al dovere, ho scoperto sgomenta che:
- Ho perso più di ¾ d’ora in un negozio per trovare un completino carino con il reggiseno perfetto che contenga e sostenga ma senza strizzare, che mi dia un’aria maliziosa ma raffinata, semplice ma elegante, che non sia nero ma nemmeno bianco e non colorato per carità che farà sì primavera, ma anche un po’ shampista alla fiera del 3x2… che sia possibilmente blu scuro, che è un po’ la mia passione, ma un blu diverso dagli altri 23 che ho nel cassetto, che ricordi un po’ una notte di tempesta, ma non di quelle proprio buie, di quelle in cui si vede il cielo a sprazzi e magari anche l’Orsa Maggiore… capito come? Ecco voi sì, la commessa no. E per colpa di una che non guarda il cielo nelle notti di burrasca ci ho perso quasi un’ora.
- Ho fatto il normale controllo settimanale per assicurarmi di non avere la cellulite. Lo spiego per chi non lo sapesse: ti devi strizzare una gamba e/o i glutei con le due mani, ma proprio forte forte, mi raccomando, sennò l’esame non è scientifico. Mai fatto? Io lo faccio sempre. (A proposito, qualcuna mi sa dire come eliminare il blu dei lividi?) Se non compare la buccia d’arancia sei salva per un’altra settimana, se invece vedi qualcosa vuol dire che è ora che cominci a dire che quest’anno il bikini t’ha un po’ stufato e che ti dedichi alla ricerca di un bel catalogo online di parei… oppure di burka, a seconda del caso. Oppure ancora te ne freghi, che è anche meglio.
- Ho impiegato una quantità imprecisata di tempo nel tentativo di scegliere il vestitino giusto. Perché son sicura che la prima volta che vado al super con la tuta e le sneakers ti incontro Antonio Banderas che mi chiede quale sia la corsia del latte e poi lo sanno tutti come sono questi spagnoli… capace di pensare, ma guarda te queste venete che zulù. E non sta bene, dài, anche per una questione di orgoglio nazionale.
- Il tempo che ho perso a dire al mio vicino che non mi deve murare in casa parcheggiandomi il SUV davanti alla porta non lo conto nemmeno perché sono una signora.
Quindi, calcolatrice alla mano, se badassi meno a quello che indosso
potrei risparmiare un quarto d’ora al giorno. Rinunciando alla mia personale
guerra preventiva contro rughe e occhiaie potrei riappropriarmi di altri 5
minuti, mentre un altro quarto d’ora buono lo potrei recuperare dalla cura dei
capelli. Riducendo a 3 le volte che mi lavo i denti, invece delle solite 5 o 6 e
prendendo le chiavi della macchina la PRIMA volta che scendo 3 piani di scale,
evitando quindi di tornare su ancora e ancora, arriviamo a un’ora tonda tonda.
Mica cotiche. Voglio dire, c’è gente che, volendo, ti inventa un vaccino contro
tutti i problemi del mondo in meno tempo.
Certo però che... No dico, io il vaccino non lo so inventare. Non
solo quello che ti risolve tutti i problemi del mondo, ma nemmeno quello contro
le cuticole infiammate. Senza contare che quando cerchi lavoro la presenza
conta, eccome se conta e quindi il tempo che dedichi alla cura di te stessa è
una sorta di investimento. E quindi… quindi adesso mi ritrovo con i capelli in
disordine e un’ora che mi avanza.
Morale: la prossima volta che non vorrò fare qualcosa dirò che mi
fanno male le gengive. O che mi fanno prurito le cuticole. E voglio proprio
vedere se qualcuno ha il coraggio di dire che uso sempre la stessa scusa.