Lavoro in un bel posto. Dico davvero. Gente simpatica,
divertente. Un Capissimo che definire informale è poco. Solo oggi, incrociando
me e le mie colleghe all’uscita se n’è uscito con: “Mamma che belle ragazze che
c’ho.. avessi 20 anni di meno, tutte e 3 vi tromberei!”
Anche 50 anni in meno, ma non stiamo sempre a guardare il
pelo. Comunque non diresti mai che gira in elicottero, che mantiene uno
skipper, e che ha più case lui di quanti scarpe abbia io. E non parliamo di
numeri piccoli, sia chiaro.
L’unico neo di questo lavoro, l’avrò detto 1000 volte, è
il capufficio. Più che un uomo una rogna, una zavorra, una colica renale.
Simpatico come il portone di un cimitero. Affabile come Polifemo. E poi litiga
con tutti. Con il postino, il personale, con la macchinetta del caffè.
Adesso ha intrapreso una personale crociata contro i
lavori in corso sotto l’ufficio. Non è che abbia tutti i torti, sia chiaro,
perché non puoi chiudere 500 metri di strada da oltre un mese. Si stanno
affossando attività, mettendo in difficoltà chi in quella zona ci abita e ci
lavora. E con questa storia di appalti e subappalti sarebbe anche ora di
finirla. Per questo capisco che vedere solo 2 operai – e sottolineo 2 operai –
che ci lavorano, faccia salire la pressione. Condivido invece molto meno il suo
modo di affrontare la questione.
Ti dà fastidio il fanghino che sollevi con la bici e hai
paura che la polvere ti opacizzi lo zainetto porta pc che ti metti sulle
spalle? Fai un reclamo in Comune. Ti dà fastidio la ruspa con la benna imbizzarrita
che sembra volerti spalmare sul selciato te e la tua bici? Fatti delle domande
e chiediti perché il mondo ce l’ha con te. Invece no. Lui non si pone domande e
soprattutto non le pone agli altri. Perché lui “non si mette al livello di
quella gente là”. Inutile dire che la categoria “quella gente là” comprende
operai, extracomunitari e chiunque non possa esibire una laurea. Perché dietro
quell’aria da fighetto urbano si nasconde una malcelata nostalgia per elmi
cornuti, clave, forconi e quant’altro necessario per ricacciare indietro
l’invasore becero e ignorante.
Per questo stamattina l’abbiamo improvvisamente visto
rianimarsi; un mega suv parcheggiato in mezzo alla strada, un telefonino che
squillava con insistenza e un omone apparentemente indaffarato: in poche
parole, un capo. Un suo simile. Uno con cui parlare.
Per farvi capire quanto fosse alta la sua stima, vi dico
solo che per parlargli non si è nemmeno messo a
urlare dalla finestra, come fa di solito, ma è addiruttura sceso nella
via. È o non è un gentiluomo?
Gli ha spiegato le sue ragioni, gli ha motivato le sue
proteste, gli ha mostrato la bici inzaccherata.
Il capo cantiere ha continuato ad annuire – ma soprattutto
a telefonare – concludendo il tutto con una calorosa pacca sulle spalle (uno spintone?),
e salutandolo con un cordialissimo:
“Ho capito tutto dottò, ma adesso levati di ‘ulo che m’hai
già scassato ‘a minch...”.
Povero capufficio, vita dura per gli insofferenti.
Mi sa che il file “quella gente là” s’è allargato un altro
po’.
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