domenica 17 febbraio 2013

La notte io



Come se già non dormissi poco, non combattessi tutti i giorni con occhi a palla, sguardo allucinato, e mancanza quasi totale di lucidità diurna, quando finalmente riesco ad addormentarmi non sono mai tranquilla. Sgambetto, sgomito, parlo e soprattutto sogno. E cosa sogno? Antonio Banderas che mi fa le macine con il microonde? Brad Pitt che mi passa l’antimuffa a torso nudo? Pecorelle… la Parodi e la sua banda di muffins con le faccette… Mentana..?! No, niente di tutto questo. Io faccio e rifaccio sempre lo stesso sogno.

E come se non bastasse, mi sveglio sempre allo stesso punto, in preda all’ansia. Che voglio dire, sono anni che continuo a farlo, saprò pure come va a finire, no? No. 

Continuo a sognare di essere su un ponte sospeso dove cammina cammina (nei sogni si parla un po’ come nelle favole, portate pazienza), il ponte sale sempre più in alto. E diventa sempre più stretto. Fino a sembrare il binario di un trenino di quelli delle giostre di paese, per intenderci. Solo che intorno a me ci sono solo acqua e nebbia, nebbia e acqua, tanta tantissima acqua. Poi le assi si allargano tra loro e lo spazio tra l’una e l’altra si fa sempre più grande. Debbo guardare bene dove metto i piedi, per non cadere giù, verso quel buio tumultuoso che non riesco a vedere bene ma che mi fa tremare i polsi. 

A quel punto il ponte comincia a oscillare. E io comincio a sudare. Poi inizia ad abbassarsi lentamente, si inclina e scende ancora e ancora; faccio fatica a non perdere l’equilibrio. Vedo l’acqua avvicinarsi sempre più, sento il rumore che cresce, di pari passo al mio terrore. 

Adesso l’acqua mi lambisce i piedi. Guardo ansiosa la riva opposta, ma il ponte non ci arriva, sprofonda nel fiume molto prima. Vedo le acque che so essere del Po, vorticose, scure; impossibile pensare di nuotare, e poi ho il maglione, il cappotto, le scarpe, troppe cose addosso. Tutto mi stringe, mi manca l’aria. Il panico è totale. 

Quando l’acqua gelida mi arriva alle ginocchia tento di fare qualche passo indietro, ma il ponte scende sempre più e i vortici di onde nere sono dappertutto. Capisco che è finita. 

Il respiro si azzera, il cuore batte a mille e un peso insopportabile mi opprime il petto. Tento di gridare ma non grido… credo. E invece grido. Eccome se grido. E a quel punto mio marito borbotta, “Ancora quel sogno… calmati… Vado a prenderti un bicchier d’acqua?”

Acqua?! Ha detto acqua? Eccola lì la sensibilità maschile. Ma è inutile discutere, e poi il momento è passato, sono al sicuro nel mio letto. Spossata, spaventata, ma all’asciutto. E so che pian piano la paura se ne andrà. Fino alla volta successiva.

Da qualche parte ho letto che sognare è positivo, significa che ho un buon rapporto con il mio subconscio. Che il mio io più profondo mi vuol dire qualcosa. 

Adesso. Io non so se il mio subconscio sia timido o cosa. Se fatica a trovare le parole. Ma al limite, senza che mi stia a fare tanti discorsi, che poi mi perdo, anche 2 numeri, di quelli buoni, mi andrebbero bene. Ma anche se se ne sta immugugnito e in silenzio per conto suo non mi offendo. So però che se continua a non farmi dormire, magari tra un po’ due paroline da dirgli le trovo io. Basta che non mi si venga a dire che sono schizofrenica. Al massimo sonnambula.

 

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