Come se già non dormissi poco, non combattessi tutti i
giorni con occhi a palla, sguardo allucinato, e mancanza quasi totale di
lucidità diurna, quando finalmente riesco ad addormentarmi non sono mai
tranquilla. Sgambetto, sgomito, parlo e soprattutto sogno. E cosa sogno?
Antonio Banderas che mi fa le macine con il microonde? Brad Pitt che mi passa
l’antimuffa a torso nudo? Pecorelle… la Parodi e la sua banda di muffins con le
faccette… Mentana..?! No, niente di tutto questo. Io faccio e rifaccio sempre
lo stesso sogno.
E come se non bastasse, mi sveglio sempre allo stesso
punto, in preda all’ansia. Che voglio dire, sono anni che continuo a farlo,
saprò pure come va a finire, no? No.
Continuo a sognare di essere su un ponte sospeso dove
cammina cammina (nei sogni si parla un po’ come nelle favole, portate
pazienza), il ponte sale sempre più in alto. E diventa sempre più stretto. Fino
a sembrare il binario di un trenino di quelli delle giostre di paese, per
intenderci. Solo che intorno a me ci sono solo acqua e nebbia, nebbia e acqua,
tanta tantissima acqua. Poi le assi si allargano tra loro e lo spazio tra l’una
e l’altra si fa sempre più grande. Debbo guardare bene dove metto i piedi, per
non cadere giù, verso quel buio tumultuoso che non riesco a vedere bene ma che
mi fa tremare i polsi.
A quel punto il ponte comincia a oscillare. E io
comincio a sudare. Poi inizia ad abbassarsi lentamente, si inclina e scende
ancora e ancora; faccio fatica a non perdere l’equilibrio. Vedo l’acqua
avvicinarsi sempre più, sento il rumore che cresce, di pari passo al mio
terrore.
Adesso l’acqua mi lambisce i piedi. Guardo ansiosa la
riva opposta, ma il ponte non ci arriva, sprofonda nel fiume molto prima. Vedo
le acque che so essere del Po, vorticose, scure; impossibile pensare di
nuotare, e poi ho il maglione, il cappotto, le scarpe, troppe cose addosso.
Tutto mi stringe, mi manca l’aria. Il panico è totale.
Quando l’acqua gelida mi arriva alle ginocchia tento
di fare qualche passo indietro, ma il ponte scende sempre più e i vortici di
onde nere sono dappertutto. Capisco che è finita.
Il respiro si azzera, il cuore batte a mille e un peso
insopportabile mi opprime il petto. Tento di gridare ma non grido… credo. E
invece grido. Eccome se grido. E a quel punto mio marito borbotta, “Ancora quel
sogno… calmati… Vado a prenderti un bicchier d’acqua?”
Acqua?! Ha detto acqua? Eccola lì la sensibilità
maschile. Ma è inutile discutere, e poi il momento è passato, sono al sicuro
nel mio letto. Spossata, spaventata, ma all’asciutto. E so che pian piano la
paura se ne andrà. Fino alla volta successiva.
Da qualche parte ho letto che sognare è positivo,
significa che ho un buon rapporto con il mio subconscio. Che il mio io più
profondo mi vuol dire qualcosa.
Adesso. Io non so se il mio subconscio sia timido o
cosa. Se fatica a trovare le parole. Ma al limite, senza che mi stia a fare
tanti discorsi, che poi mi perdo, anche 2 numeri, di quelli buoni, mi
andrebbero bene. Ma anche se se ne sta immugugnito e in silenzio per conto suo
non mi offendo. So però che se continua a non farmi dormire, magari tra un po’
due paroline da dirgli le trovo io. Basta che non mi si venga a dire che sono
schizofrenica. Al massimo sonnambula.
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