Che poi io ho una teoria. Un’altra? Sì, io vivo di
teorie, ne ho una per ogni occasione. Quindi zitti e mosca per piacere.
Per esempio. Sono convinta che i libri non vadano
scelti, cercati, ma che semplicemente si lascino trovare. Ovviamente
capita che un autore mi venga consigliato da un amico, e non so spiegare quanto
mi sconfinferli questa cosa, perché mi piace scoprire l’idea che uno si è fatto
di me. Voglio dire, se uno dice che gli è piaciuto “Non per profitto. Perchè le
democrazie hanno bisogno della cultura umanistica” ma non si sente di
consigliarmelo, ho bell’e capito che mi reputa ‘na gnuranta. Se invece mi
consiglia “101 modi per lucidare il tuo parquet” penso che mi confonda con
qualcun’altra. E avanti così. Ma non fatemi divagare che è già tardi e c’ho da
fare.
Allora, dicevamo della teoria. Sì, penso che i
libri mi capitino per un motivo, per dirmi qualcosa oppure perché è il momento
giusto per leggerli. Spesso mi ritrovo con delle croste paurose, lo ammetto,
tipo quella volta in cui mi sono fatta allettare da un titolo originale, “Il
segno zodiacale come guida spirituale”, aspettandomi una robina leggera ma
ironica, e invece una bella cippa: parlava proprio di astrologia. Come se già
non lo sapessi di essere Capricorno ascendente sfiga. E vabbè.
Però a volte questa mia teoria mi permette di scoprire
delle autentiche chicche. Per esempio questa: Chi E’ Senza Peccato Non Ha Un
Cazzo Da Raccontare.
Se avessi letto prima la descrizione del libro, sarei
fuggita seduta stante, tacchi e tutto, perché a me di leggere le poesie
interessa quanto farmi dipingere le gengive di blu, faccio per dire. Perché la
poesia non mi appassiona, non mi appartiene. Credo di esserne allergica. E
invece eccomi qua. Entusiasta come un paguro per Vincenzo Costantino in arte
Cinasky (indovinate un po’ a chi si ispira?).
Ma non voglio nemmeno chiamarlo poeta. Perché lui è
più che altro un cantastorie, uno che parla di solitudine, della grandezza
delle piccole cose, di gente che “comincia a ridere perché di lacrime ne ha
versate troppe”. Uno che mette giù i suoi pensieri un po’ come gli vengono,
fregandosene della metrica ancor più che della vita.
Non so neanche se sia un poeta in senso stretto – non
me ne intendo e non saprei dirlo – ma di sicuro la sua scrittura è un qualcosa
che ti arriva e ti emoziona: riesci a sentire l’odore della Milano che
gli fa da spalla. L’odore, capite? E quando uno riesce a coinvolgerti i sensi,
ha davvero importanza se lo fa usando l’italiano aulico o quello sgrammaticato
del portinaio? Non credo proprio. Almeno non per me.
Io divido gli autori in 2 categorie: quelli che
scrivono perché hanno qualcosa da dire e quelli che scrivono tanto per dire
qualcosa. Costantino non rientra in nessuna delle due tipologie: lui, semplicemente,
è quello che scrive. Infatti dopo aver letto l’ultima pagina non ho
avuto la sensazione di aver finito un libro, ma di aver conosciuto lui. E non è
che mi capiti tutti i giorni. Soprattutto non con tutti i poeti, chè non sono
una di facili costumi.
Quindi, a Natale, ho già deciso cosa regalare. Magari
qualcuno scoppierà a ridere credendolo uno scherzo, qualcun altro con le pagine
ci fodererà la cuccia del cane, ma magari a qualcun altro piacerà. Hai visto
mai. A tal proposito, avrei giusto una teoria… ma tranquilli, ve la racconto la
prossima volta. Ciao guys.
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