mercoledì 27 giugno 2012

E' sempre lunedì

Il lunedì è per me giornata di riunioni, l’avrò ripetuto almeno mille volte. Son ripetitiva, lo so. Anche un filino logorroica magari. Ma per me è un incubo che si ripete e si rinnova ogni volta, senza mai diventare normale routine. Stamattina poi si è aggiunta anche la presenza dei capi capissimi, tanto per rendere la cosa più divertente. Comunque, grazie ai Maya, a Saturno che mi dice bene, al sonno del lunedì che rimbambisce non solo me (eccheccavolo, se c’è una giustizia…) ma anche le 13 anime disposte ad ascoltarmi, comincio a parlare senza intoppi. Dò fondo a tutta la mia esperienza: battutina iniziale per sciogliere l’atmosfera, sciorino senza difficoltà una serie apparentemente infinita di cifre, percentuali, proiezioni; apro parentesi, chiudo parentesi. Cerco di entrare in sintonia con i miei interlocutori parlando la loro lingua, per cui uso riferimenti calcistici per rispondere agli appassionati del pallone (e mi va di cul.. lusso perché io di sport non ne capisco una cippa), uso analogie di economia domestica con la dottoressa madre di 4 figli (idem come sopra e se possibile anche di più); li tengo svegli con un ritmo serrato di informazioni, la butto sullo scherzo quando gli animi si surriscaldano troppo e giocherello con il primo bottone per distogliere l’attenzione da quello che sto dicendo nei momenti di imbarazzo: alla fine perdo credo 3 chili ma posso dire che ce l’ho fatta. E soprattutto ho ancora la camicia. Quando il Presidente dichiara chiusa la riunione tiro finalmente un respiro di sollievo e me ne sto tutta tronfia a godermi il momento, autoproclamandomi in silenzio regina della comunicazione, principessa del Power Point e sovrana a vita dei grafici a torta.
“Vieni che ti presento ai tuoi potenziali nuovi capi” – mi sussurra Il Dirigente prendendomi per un braccio.
Son già preoccupata, anche perché il mio nuovo potenziale capo non ha proprio la fama del simpaticone, anzi, è uno che quelle come me, che nella gerarchia aziendale sono equiparabili all’albanese che ti lava i vetri agli incroci, non le saluta nemmeno.
“Basta che ridi alle sue battute e sei bella che a posto, gli sei simpatica a vita.” – dice Il Dirigente. Potrei avere a che dire su questo consiglio, ma sono stata disoccupata troppo a lungo per pormi problemi di lecchinaggio professionale. E poi nel frattempo mi ha già trascinata davanti al grand’uomo.
“Piacere, piacere”, e Il Capissimo mi accoglie con una battuta a dir poco idiota, accettabile sì e no se fatta da un bambino di 6 anni. Lo stritolamento al braccio del Dirigente mi ricorda che devo fingermi divertita, ma ormai il momento è passato, e così pure la mia occasione di mostrare tutta la mia sconfinata ammirazione nei confronti del grand’uomo.
Ci raggiunge l’ennesimo collaboratore del gruppo, con la bocca a canotto e un herpes da chilo, impossibile non notarlo e il Capissimo gli fa: “Ehi ciao, Boccadoro, te la sei presa comoda stamattina eh…”
E io sorrido come richiesto, anzi, rido proprio, di gusto e a lungo, perché a me l’agitazione fa venir la ridarola. Ma rido solo io, intorno a me il gelo. Dopo qualche secondo capisco e muoio: non era uno scherzo, Boccadoro è il suo vero nome.
“Come far sì che le persone si ricordino di te – se la ride più tardi il Dirigente – ci potresti scrivere un manuale.”
Quello che gli ho risposto io lo potete tranquillamente immaginare.

martedì 26 giugno 2012

La lista

Non so voi, ma io ho una lista di cose che proprio mi hanno davvero triturato il triturabile, e non posso dire che mi hanno saccagnato i tulipani perché siamo tra gente elegante e non sta bene. Allora…
  1. Primo fra tutti chi dice di parlare per il tuo bene, come se ti fosse padre e madre, quando in questo caso il tuo cosiddetto bene è sospettosamente vicino ai suoi desideri e desolatamente lontano dai tuoi.
  2. Poi il solleone, il caldone, Scipione, la morsa del caldo, il caldo torrido e i consigli per difendersi dall’afa: se lavori fuori sull’asfalto con 50° e ti si sbrigolano anche le orecchie per il calore, bene, hai ragione e ti ascolto. Ma se stai in ufficio con l’aria condizionata a 1000 e hai caldo solo perché la cravatta è troppo stretta, può succedere che abbia una certa difficoltà a farmi carico della tua sofferenza. E mai nessuno che proponga di andare in ufficio in maniche corte e senza cravatta, tanto per limitare i consumi, poi. No, devo anche pagare il canone per sentire l’espertone di turno consigliare di cercare refrigerio nei supermercati. Che negli anni ’80 lo faceva già Pino, il matto del paese, che nel mese di agosto era fisso al banco dei freschi, proprio fra la ricotta vaccina e i tortellini fatti in casa; e non aveva neanche mai finito la seconda elementare, voglio dire.
  3. Mi irritano profondamente i buoni, che buoni non sono mai; se ti va bene sono ipocriti troppo pigri per essere stronzi, se ti va male sono dei pavidi pericolosi, che prima o poi ti prenderanno a coltellate nella schiena “perché una volta nella vita potrò essere cattivo anch’io”; e scusate se la sottile differenza fra finti buoni e cattivi veri mi sfugge completamente. Ma io son ruspante, lo so e preferisco le persone che hanno il coraggio di dire le cose come stanno e di chiedere quello che vogliono. Che far finta di essere quello che non si è non ha mai fatto santo nessuno, che io sappia.
  4. Di conseguenza, mal sopporto quelli che non dicono ma ti fanno capire, così oltre a dover mandar giù il rospo ti senti anche cretina perché chissà, magari hai capito male o potevi capirlo prima. E poi chissà che avrai mai capito. E ti condannano a una vita di dubbi.
  5. Poi le caste, i privilegi, l’immutabilità delle cose: quando tu muti eccome, e ogni giorno ti sembra di vedere i segni del tempo che passa.
  6. Le Belen e le loro farfalle, le Sare Tommasi e le mutandine sì o no, la cellulite dei vip, le gravidanze dei vip e le corna dei vip. Adesso. I figli si fanno sempre nello stesso modo, a quanto pare, le corna sono corna e le zoccole anche, che siano vip o che si trovino a buon mercato nei vialoni bui di periferia. E allora se proprio vogliamo dedicare uno speciale del tg a questi argomenti, facciamo una cosa seria e chiamiamo un’espertona, tipo la mia ex vicina che con i suoi racconti da sola ti riempie senza fatica anche 5 serate di fila. Con le mutande naturalmente. Rigorosamente usate come laccetto però, che d’estate i capelli sul collo le danno un po’ fastidio. Non è vip? Può darsi, ma ha un suo fan club di tutto rispetto, ve lo posso garantire.
  7. Mi sconquassano quelli che ti insultano e se reagisci ti dicono che è colpa tua, che non sai essere ironica.
  8. Quelli che per un parcheggio rubato o per qualsiasi cretinata fanno una questione di principio, scomodano l’etica e la giustizia per un caffè fatto male, ma poi cornificano la moglie, picchiano i figli e abbandonano la madre in autostrada senza ombra di rimorso alcuno.
  9. Chi non sa niente di te ma sa tutto lo stesso, perché “gli basta un’occhiata per capire”. Fa niente se non ha mai capito niente in vita sua e non comincerà certo adesso.
  10. Ma soprattutto, quelli che non sopporto proprio, quelli che mi fanno venir l’herpes anche alle gengive, sono quelli che fanno le liste: delle cose che li irritano, per esempio. Eccheccavolo, fa già così caldo… e poi c’è la Tommasi in tv. Ma ce le avrà poi le mutande?

mercoledì 20 giugno 2012

Il Dirigente

In azienda c’è una persona che chiamiamo Il Dirigente: nessuno sa di preciso quale sia il suo compito, la sua funzione, ma è indubbio che lui sia sempre al centro delle cose. Dove ci sono informazioni utili da sapere, decisioni da prendere, lui c’è.
Gli altri lo odiano, a me piace. Tranne quando mi costringe a parlare in pubblico, ovviamente. Nei giorni in cui il resto degli uffici della Direzione sono vuoti, lui lascia la porta comunicante aperta. Allora sentiamo le sue telefonate alla moglie, dove chiede come sta il cane, se la siepe cresce e se lei si ricorda per caso il nome del cameriere del bagno a Forte dei Marmi perché proprio non gli viene in mente. Non che gli serva saperlo, spiega, ma era una cosa che gli era venuta così, mentre “pensava all’estate”.
Il Dirigente é sempre rilassato, è uno che non ha fretta nella vita e lo capisci da come parla: per raccontarti una cosa successa nel ’98 parte dal ‘92. Ma è perché é cresciuto nella bambagia, non è colpa sua. Semplicemente, certe cose non le vede: lui vive ad un altro livello.
A volte entri, sta mimando un tiro di golf e ti butta lì:
“Sai, ci sono dei momenti in cui penso di guadagnare meno di uno scippatore. Tu per caso hai idea di quanto guadagni uno scippatore?”
E lo fa con una naturalezza tale che tu invece di insorgere a nome di tutta la categoria dei servi della gleba che non guadagnano in un anno tanto quanto lui con il solo bonus, ti ritrovi a pensare se conosci qualcuno che si guadagni da vivere strappando le borsette ad anziane signore, solo per poterlo chiamare ed informarti, tanto per dar prova di efficienza.
Oppure ti parla del suo ufficio, grande come il tuo intero appartamento, perché “dall’ufficio di una persona si capisce la sua importanza”; ma qui ha ragione, infatti il tuo é un’intercapedine tra la soffitta e lo sgabuzzino delle scope.
Tutto quello che non è strettamente in centro città per lui non esiste, se deve raggiungerlo in macchina è già campagna. Io che abito a 25 km da lì, sono praticamente un’extracomunitaria. “Come cresce l’uva quest’anno? - mi chiede ogni tanto - E il raccolto dimmi, come va?”
E che ne so io del raccolto. Abito in appartamento, mica in un agriturismo e se voglio veder la campagna devo prendere la macchina e andarmela a cercare, esattamente come lui. Ma non tento nemmeno più di spiegarglielo, ho capito che non mi ascolta. Preferisco riderci su. E quando esagera dandomi 102 cose da fare nello stesso momento, invece di arrabbiarmi gli rispondo:
“Dottore basta, che stamattina mi son già alzata all’alba per zappare con il fresco, ho già munto 2 vacche, tirato il collo a una gallina e stasera quando torno mi resta ancora da far su il fieno con il forcone, che c’ho già i calli al pensiero. Ci si metterà mica anche lei vero?”
Non so se capisce che scherzo, ma di sicuro se la ride come un matto e smette di caricarmi di cose, e questo è l’importante.
Nervoso a parte, adesso che il nostro rapporto di lavoro è quasi al capolinea, un po’ mi dispiace. Non mi mancherà il lavoro in sé, mi mancherà lui. Perché Il Dirigente, con quell’aria un po’ svagata, mi ha ricordato una gran cosa: che chi si affanna sempre per guardare dove mette i piedi, difficilmente trova il tempo di guardare il cielo. E infatti, mentre gli altri dirigenti si perdevano in sterili litigi interni, lui guardava oltre e si assicurava un posto nella nuova società.
E a me che da un anno sto con la testa bassa tutta presa dallo sforzo di arrivare viva a sera, ha fatto tornare la voglia di guardar le stelle.

domenica 17 giugno 2012

Ma che vita però....


Se mi chiedessero cosa non vorrei mai dover fare per lavoro, non avrei dubbi e risponderei d’istinto: quello che vorrei non dover fare mai, ma proprio mai per nessun motivo al mondo, nemmeno per aver salva la vita, è parlare in pubblico. Non dovrei nemmeno pensarci, non dovrei riflettere, perché lo so già che il mio dramma è quello. Eppure, porca pierina, vorrei tanto sapere perché in ogni lavoro in cui mi imbarco mi capita di doverlo fare. Anche in quello attuale, per dire, dove il mio livello di importanza nella gerarchia aziendale è di mezza tacca superiore al toner della laser ma decisamente inferiore alle cialde del deca. Nonostante ciò, Il Dirigente, cioè l’irresponsabile che mi ha assunto, (contro ogni logica), proprio ieri se ne esce con questa bella trovata:
“Senti ma… è una settimana che lavoriamo su questa cosa, in fin dei conti sono questioni puramente operative, perché la relazione non la presenti tu?”
Come perché. Perché son cretina, ecco perché. Perché un conto è far la spavalda mettendo giù 2 cifre, 3 regolette sul chi fa cosa, altro discorso è parlare (cioè aprir la bocca, dire delle cose sensate e soprattutto motivarle) davanti a 10 sconosciuti; ma fossero anche conosciuti, amici intimi, vicini, parenti o anche scimmie, sarebbe uguale. Oltre le 4 persone vado nel panico, non se ne parla nemmeno.
Tiro fuori mille scuse, gli racconto che ci sono già passata, che in quelle occasioni mi viene una voce in falsetto che sembro una gallina nel momento esatto in cui le viene tirato il collo. Gli mimo anche l’azione, casomai non fosse chiaro. Gli dico che rido senza motivo, che parlo senza sosta. Che potrei piangere o non trovare le parole. Magari svenire. Che in quelle situazioni non so cogliere le reazioni delle persone e gli racconto di quella volta, durante una riunione, in cui ad uno che continuava a chiedere irritato “Ma dove sta scritto che è come dice lei? Ma dove sono questi dati???” ho risposto beffarda schiaffandogli i fogli sotto il naso:
“Stanno qua stanno, basta leggere.” E solo dopo ho scoperto che questo era cieco. Non me n’ero accorta? No, al mio arrivo era già seduto. E ricordo anche di aver pensato: Ma chi è ‘st’imbecille con gli occhiali scuri?
Ma Il Dirigente ride, è irremovibile.
“Mi serve per prendere tempo, tu li intrattieni con le questioni operative mentre io mi lavoro il pezzo grosso che arriva sempre all’ultimo momento. Ce la puoi fare? Puoi essere il mio diversivo, Michi?”
Sarà che quando mi guarda con quegli occhioni da papà buono non gli so resistere, sarà che mi sentirò riconoscente a vita per avermi offerto una possibilità quando tutti gli altri non lo hanno fatto, sarà che ho esaurito le scuse, ma alla fine mi arrendo e gli dico di sì.
Naturalmente arrivo alla riunione tranquilla come un vulcano in eruzione mentre cerco di entrare come posso nel comportamento del “diversivo”. Mi appoggio prima su una gamba, poi sull’altra, sistemo le mie carte; e naturalmente nel frattempo cerco di tenere a freno la ridarola, il prurito, la nausea, le gambe che mi fanno giacomo e la voce che mi fa gnao.
Mi appoggio al muro con la schiena per tentar di fare la disinvolta, di quella che i briefing li poccia nel caffelatte ogni mattina, tipo. Ma invece della parete becco una rientranza, e per non perdere l’equilibrio mi attacco a una tenda. E naturalmente vien giù tutto, tenda, cordone, bastone compreso, con un rimbombo da paura. Solo per miracolo riesco a non cadere.
Come nulla fosse, Il Dirigente (potesse venirgli il cagotto perenne a imperitura memoria) dice “Prego Michi, comincia pure”. Lo guardo smarrita, pensando che scherzi, ma è preoccupantemente serio. Lui. Perché tutti gli altri ridono, sghignazzano, mi chiedono se sto bene. No che non sto bene, cazzarola, vorrei morire: qualcuno può darmi un pietoso colpo di grazia, per piacere?
In qualche modo riesco a fare la mia relazione. Al termine, nessuno ha domande da fare, ma bella forza, ci fosse stato un cane che mi avesse ascoltato. A fine riunione mi aspetto che Il Dirigente mi cazzi, ho già pronte le giustificazioni, invece mi fa:
“Hai visto che è andato tutto bene? Son riuscito a parlare con il boss. Magari la prossima volta definiamo meglio il significato di “diversivo”, che ne dici?”
Che ne dico? Ma vaff…. va’!

mercoledì 13 giugno 2012

Tipi da spiaggia


Se c’è una cosa positiva nell’abitare a Bucolandia, cioè nel bel paese di 24mila anime sante in cui vivo io, è che tempo permettendo, si possono trascorrere i fine settimana al mare. Anzi, avendo le spiagge così vicine, sarebbe un vero peccato non approfittarne.
Quest’anno, all’apertura di stagione, le novità sono state davvero tante.
C’è stato chi ha riverniciato tutto a tinte pastello per ricreare una St. Tropez bella uguale ma più proletaria, perché di questi tempi si sa che a far lo sborone non se ne esce tanto bene; chi offre abbonamenti lettino-ombrellone-primo di pesce e granita a prezzi anticrisi, chi ti organizza interminabili tornei di beach volley e racchettoni con mega-grigliata di salsiccia zampina e bistecca scottona come premio finale.
E c’è chi punta sulla musica e praticamente ti tira su un rave party ogni domenica. E così, fra l’altoparlante che grida “Abbiamo sfornato la pizzaaaa!!!” e “Tanti auguri alla signora Lella dal suo nipotino Lilloooo!!!”, è tutto un “Su su su, popolo del mareeee!!! Su le mani… una al cielo, l’altra alla consoleee….!! Energia energia energiaaaa!!!”. Che dopo un quarto d’ora uno non sa più se andare a prendere la pizza, cantare tanti auguri o mettersi a dirigere il traffico dei lettini, voglio dire.
Che poi noi si risponde in massa, non dico di no, solo che siamo pigri, e si finisce per alzare magari una mano sola, come a voler mandare il dj in altri luoghi, meno turistici forse, ma altrettanto conosciuti, e i più diretti alzano solo il dito medio, soprattutto verso del 2-2 e mezza, quando l’aumento dei decibel dell’unz unz unz raggiunge l’apice e ti coglie proprio nel momento della pennic… della riflessione postprandiale. Ma Lui, il Vocalist continua imperterrito con vari “I’m loosing my fucking world - unz unz unz - I’m loosing my fucking mind”; e noi non si sa come dirglielo che il cervello se l’è perso già da un po’ e che può anche smetterla di fare l’imbecille. Ma non c’è verso. E quello continua e continua: “Are you ready fucking beach people?” E noi non è per fare sempre i bastian contrari, ma ci si guarda smarriti l’un l’altro e non sempre ci si sente proprio fucking people … c’è gente che ha famiglia, magari qualcuno è anche un po’ rompiballe, ma in fondo siamo tutta brava gente, voglio dire. C’è mica bisogno di trattarci così. E poi pronti per cosa? Che si vien 2 ore al mare per rilassarci un po’. Quel ragazzo non sta bene, secondo me.
Poi c’è quell’altro stabilimento che ha ingaggiato un bagnino come dire… mooolto caraibico. Louis è nero ma non troppo, fisicato ma non esagerato, una confusione di addominali circolari, orizzontali, verticali e obliqui, bicipiti da doppia ola e pettorali così ampi che ci puoi cuocer la piada. E gli occhi… saranno 2 penso, ma a dire il vero non è che ho guardato proprio quello. E’ che è “tanto”, e a scorrerlo tutto ci vuole il suo tempo e siamo solo a inizio stagione: quindi, che volete da me?
Io, da millemila anni, vado sempre nello stesso stabilimento balneare: che non è questo, tengo a precisare. Malfidenti!
“Ma con tutte queste novità e la crisi, non ti preoccupa la concorrenza?” – ho chiesto a Claudio, il gestore.
“Che ti devo dire – mi ha risposto – io resto sul classico: finchè c’ho l’oro della spiaggia chi m’ammazza a me? Per me la crisi ci sarà quando saranno tutti gay.” E se la ride.
Ma ha ragione lui: il suo è sempre stato il bagno con il maggior numero di ragazze in topless e quindi quello più frequentato della spiaggia. Perché cambiare, quindi?
Pur andando lì però, io non mi tolgo il reggiseno, perché l’unica volta che ho voluto far la disinvolta quando ho aperto gli occhi mi son trovata davanti il macellaio dell’iper con un sorriso a 32 costolette. Che poi ho dovuto cambiare supermercato per un anno. Che ancora adesso quando vado dà di gomito al suo collega. Ma che pirla però. E cretina io che mi dimentico sempre che non abito a Milano, dove nessuno mi conosce.
Però quest’anno, anche se Claudio non lo dice, la novità c’è: Louis, il bagnino caraibico, sistema giusto 2 lettini tanto per far vedere che si guadagna il pane, ma poi viene nel nostro bagno e sta lì delle mezz’ore a chiacchierare con le ragazze in topless. E se al suo capo gli vien l’herpes dal nervoso, Claudio c’ha l’intrattenimento gratis. E chi non viene in quel bagno per le ragazze, viene per Louis.
E Claudio se la ride. E che vi devo dire, sarà il mare, sarà la sabbia, sarà lo iodio, ma sorridono anche tutte le donne dello stabilimento, alla faccia della crisi, della concorrenza, dei problemi e soprattutto di tutte le strategie di marketing del mondo. E bravo Claudio….! E dire che non ha nemmeno finito il liceo…


domenica 3 giugno 2012

Ma tu come la vedi?

Mi si dice che sto diventando una lagna, che devo essere ottimista, perché saper vedere il lato positivo in ogni cosa é l’unica vera chiave della felicità.
Quindi, fatemi capire: io sarei stata qui a mugugnare per giorni e giorni fracassando i sentimenti anche al prossimo meno prossimo quando l’unica cosa da fare sarebbe stata vedere il bicchiere mezzo pieno? Perché se così fosse, avrei problemi di visuale e neanche lo sapevo, ma a cambiar tutto ci vorrebbe un attimo.

Per esempio, mia mamma é all’ospedale da un mese e mezzo: 2 reparti, 4 stanze diverse, una giostra di persone tra infermieri, dottori, pazienti e visitatori; ed effettivamente, a ben guardare, il lato positivo c’é: socializzi che é un piacere, incontri più gente lì che nella Crociera dell’Amor; per cui a volerti cimentare ci puoi anche trovar marito, farti due giri di bingo, tirar su dal niente un paio di cori gregoriani; o farti trascinare in stimolanti discussioni sulle mense ospedaliere, discutendo se la sera nel brodo siano più pesanti gli anellini o le stelline: però lì bisogna fare attenzione perché ti scontri inevitabilmente con scuole di pensiero opposte e data la delicatezza dell’argomento, il rischio che la cosa degeneri in rissa é sempre in agguato.
Certo, non bisogna star tanto lì a sottilizzare sull’atmosfera, che é un po’ da ritrovo delle vedove di fresco, ma spiegando loro la teoria dell’ottimismo, sai le risate... o le mazzate, adesso non so bene, il rischio é un po’ da valutare. Comunque merita.

Poi vediamo... mia mamma é talmente arrabbiata con me per quello che mi incolpa di averle fatto che a stento mi rivolge la parola. Il lato positivo é che vedendomi, per la prima volta da quando sono nata non mi dirà che sono troppo magra. O che lei mi ha fatta con i ricci e non con questi spaghetti che ho adesso in testa. Ditemi voi se non é fortuna questa.

Che altro ancora... ah sì. Mio papà é cardiopatico da anni e ha avuto un malore improvviso mentre era in visita a mia madre, per cui é stato ricoverato anche lui. Il ché é un vero colpo di culo, a dir poco: ho potuto andarli a trovare entrambi all’ospedale e non so dire quale conforto sia stato per me non dover bambanare mezz’ora per trovare parcheggio in centro per andare a casa dei miei. Senza contare che andare su e giù tra un piano e l’altro é sempre un gran divertimento. Che solo a pensarci mi trema ancora il perizoma per la gioia, voglio dire.

Infine, dopo un anno che avevo perso il lavoro ne avevo finalmente trovato un altro, ma ormai é ufficiale che il gruppo che mi ha assunto é stato venduto, e sono già in corso i primi licenziamenti da parte della nuova proprietà; se penso che non dovrò star qui a tormentarmi su un possibile rinnovo del contratto, (visto che stanno licenziando anche chi era lì da più di 20 anni), non riesco davvero a capacitarmi che tanta fortuna sia potuta capitare proprio a me. Mi hanno proprio tolto un pensiero, guarda.

Quindi, a conti fatti ho deciso di ringraziare come si deve tutti quelli che mi invitano ad essere ottimista, e per farlo ho scelto di augurare loro un cagotto totale, fulminante e sussultorio almeno per i prossimi 2 giorni. Cosa che a una prima lettura potrebbe sembrare sgarbata e cattiva, ma se ci pensi bene, il meteo ha previsto pioggia per sabato e domenica e in definitiva uno nei fine settimana piovosi non sa mai cosa fare. E allora cosa c’é di meglio che starsene al calduccio nel bagnetto di casa propria? Proprio niente, anzi: arriverà il lunedì che non se ne accorgeranno nemmeno, senza contare che saranno belli puliti e senz’altro più magri. Magari che si accertino di riuscire a raggiungere il bagno in tempo, ecco, ma nel caso, ricordino che anche i vasi di fiori possono andar bene. E mi raccomando, che sorridano alla vita, sempre! Perché l’ottimismo é la vera chiave della felicità. Non dimenticatelo mai. Ciao guys.