Nel mio
personalissimo calendario laico (di santa basto io), queste sono le settimane
in cui ricorrono le megaustioni in spiaggia, il terremoto e la protesta di Piazza Tienanmen.
Perché?
Nel primo caso
perchè le raccomandazioni sulle prime esposizioni al sole mi vengono in mente
solo quando è troppo tardi. Ma quest’anno, come dire, non ce n’è: c’ho ancora
su il golfino. E se non è un filtro solare quello ditemi voi cosa lo sia.
Nel secondo
caso perchè esattamente un anno fa ho conosciuto una nuova paura: quella del
terremoto, dell’evento imprevisto in grado di scompigliare qualsiasi progetto
di vita. Che noi al su e giù dell’acqua c’eravamo abituati, ma al traballare
della terra proprio no. E forse per questo il ricordo è ancora talmente vivo
che ancora adesso alle vibrazioni di un
camion appena un po’ più grosso del normale ci guardiamo negli occhi con le
pupille a palla.
Ho visto che
anche l’Enel ricorda che è trascorso circa un anno dall’evento, e infatti molto
carinamente ci ha mandato gli auguri; certo, Lei li chiama auguri e noi invece
bollette, ma sono solo punti di vista diversi.
E poi fine
maggio-inizio giugno per me vuol dire Piazza Tienanmen. Sempre.
Perché quella
foto (questa foto) m’ha colpito dalla prima volta che l’ho vista, per la sua
forza, per la sua assurdità.
Perché in
piazza ci fai il mercato, le feste di paese, ci acclami il nuovo sindaco che
offre la porchetta a tutti. Non t’immagini un carrarmato. Figurarsi più di uno.
Ed è
altrettanto assurdo il ragazzo che si piazza davanti a questo popò di
spiegamento: magrolino, con gli abiti che sembrano dismessi dal cugino più
grande e una borsa che t’immagini possa contenere al massimo una focaccia con
le cicciole per il pranzo, giusto per non arrivare a sera a stomaco vuoto. Certo
niente di pericoloso, sicuramente niente di rivoluzionario.
E invece tiè.
Questi 50 chili
d’uomo ti diventano un simbolo: di lotta, di volontà, di incoscienza anche, se
vogliamo. E per un momento riesce anche a far credere al mondo che
l’impossibile non solo diventi possibile, ma che stia accadendo, lì, in quel
preciso istante.
Purtroppo
sappiamo tutti com’è finita.
Ma a dirla
tutta, quando guardo la foto, non è a lui che penso.
In realtà penso
all’autista del carrarmato. Per lui nessuna gloria imperitura nei secoli,
niente di niente. Eppure il suo gesto è altrettanto significativo di quello del
ragazzo.
Voglio dire,
avrebbe potuto stamparlo a terra come un cartone animato. Anzi, avrebbe dovuto farlo. Per gli ordini ricevuti,
per evitare punizioni inimmaginabili, perché probabilmente gli avrebbero dato
una medaglia e una bottiglia di maotai. E invece no, lui sceglie di fermarsi.
E la mia
simpatia va a lui, perché apprezzo sempre chi non dimentica mai di essere prima
un essere umano, e solo dopo ragioniere, boia o segaiolo.
Avercene di
persone così.
Ma adesso vado,
prima che mi prendano fuoco le lasagne. Perché dal vedere un filino di fumo
uscire dal forno al far diventare questi i giorni in cui i pompieri hanno fatto
irruzione a casa mia è davvero un attimo.
Ciao guys.